Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Quando il settentrion del primo cielo,
che né occaso mai seppe né orto
né d'altra nebbia che di colpa velo,
  e che faceva lì ciascun accorto
di suo dover, come 'l più basso face
qual temon gira per venire a porto,
  fermo s'affisse: la gente verace,
venuta prima tra 'l grifone ed esso,
al carro volse sé come a sua pace;
  e un di loro, quasi da ciel messo,
'Veni, sponsa, de Libano' cantando
gridò tre volte, e tutti li altri appresso.
  Quali i beati al novissimo bando
surgeran presti ognun di sua caverna,
la revestita voce alleluiando,
  cotali in su la divina basterna
si levar cento, ad vocem tanti senis,
ministri e messaggier di vita etterna.
  Tutti dicean: 'Benedictus qui venis!',
e fior gittando e di sopra e dintorno,
'Manibus, oh, date lilia plenis!'.
  Io vidi già nel cominciar del giorno
la parte oriental tutta rosata,
e l'altro ciel di bel sereno addorno;
  e la faccia del sol nascere ombrata,
sì che per temperanza di vapori
l'occhio la sostenea lunga fiata:
  così dentro una nuvola di fiori
che da le mani angeliche saliva
e ricadeva in giù dentro e di fori,
  sovra candido vel cinta d'uliva
donna m'apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.
  E lo spirito mio, che già cotanto
tempo era stato ch'a la sua presenza
non era di stupor, tremando, affranto,
  sanza de li occhi aver più conoscenza,
per occulta virtù che da lei mosse,
d'antico amor sentì la gran potenza.
  Tosto che ne la vista mi percosse
l'alta virtù che già m'avea trafitto
prima ch'io fuor di puerizia fosse,
  volsimi a la sinistra col respitto
col quale il fantolin corre a la mamma
quando ha paura o quando elli è afflitto,
  per dicere a Virgilio: 'Men che dramma
di sangue m'è rimaso che non tremi:
conosco i segni de l'antica fiamma'.
  Ma Virgilio n'avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre,
Virgilio a cui per mia salute die'mi;
  né quantunque perdeo l'antica matre,
valse a le guance nette di rugiada,
che, lagrimando, non tornasser atre.
  «Dante, perché Virgilio se ne vada,
non pianger anco, non pianger ancora;
ché pianger ti conven per altra spada».
  Quasi ammiraglio che in poppa e in prora
viene a veder la gente che ministra
per li altri legni, e a ben far l'incora;
  in su la sponda del carro sinistra,
quando mi volsi al suon del nome mio,
che di necessità qui si registra,
  vidi la donna che pria m'appario
velata sotto l'angelica festa,
drizzar li occhi ver' me di qua dal rio.
  Tutto che 'l vel che le scendea di testa,
cerchiato de le fronde di Minerva,
non la lasciasse parer manifesta,
  regalmente ne l'atto ancor proterva
continuò come colui che dice
e 'l più caldo parlar dietro reserva:
  «Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice.
Come degnasti d'accedere al monte?
non sapei tu che qui è l'uom felice?».
  Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;
ma veggendomi in esso, i trassi a l'erba,
tanta vergogna mi gravò la fronte.
  Così la madre al figlio par superba,
com'ella parve a me; perché d'amaro
sente il sapor de la pietade acerba.
  Ella si tacque; e li angeli cantaro
di subito 'In te, Domine, speravi';
ma oltre 'pedes meos' non passaro.
  Sì come neve tra le vive travi
per lo dosso d'Italia si congela,
soffiata e stretta da li venti schiavi,
  poi, liquefatta, in sé stessa trapela,
pur che la terra che perde ombra spiri,
sì che par foco fonder la candela;
  così fui sanza lagrime e sospiri
anzi 'l cantar di quei che notan sempre
dietro a le note de li etterni giri;
  ma poi che 'ntesi ne le dolci tempre
lor compatire a me, par che se detto
avesser: 'Donna, perché sì lo stempre?',
  lo gel che m'era intorno al cor ristretto,
spirito e acqua fessi, e con angoscia
de la bocca e de li occhi uscì del petto.
  Ella, pur ferma in su la detta coscia
del carro stando, a le sustanze pie
volse le sue parole così poscia:
  «Voi vigilate ne l'etterno die,
sì che notte né sonno a voi non fura
passo che faccia il secol per sue vie;
  onde la mia risposta è con più cura
che m'intenda colui che di là piagne,
perché sia colpa e duol d'una misura.
  Non pur per ovra de le rote magne,
che drizzan ciascun seme ad alcun fine
secondo che le stelle son compagne,
  ma per larghezza di grazie divine,
che sì alti vapori hanno a lor piova,
che nostre viste là non van vicine,
  questi fu tal ne la sua vita nova
virtualmente, ch'ogne abito destro
fatto averebbe in lui mirabil prova.
  Ma tanto più maligno e più silvestro
si fa 'l terren col mal seme e non cólto,
quant'elli ha più di buon vigor terrestro.
  Alcun tempo il sostenni col mio volto:
mostrando li occhi giovanetti a lui,
meco il menava in dritta parte vòlto.
  Sì tosto come in su la soglia fui
di mia seconda etade e mutai vita,
questi si tolse a me, e diessi altrui.
  Quando di carne a spirto era salita
e bellezza e virtù cresciuta m'era,
fu' io a lui men cara e men gradita;
  e volse i passi suoi per via non vera,
imagini di ben seguendo false,
che nulla promession rendono intera.
  Né l'impetrare ispirazion mi valse,
con le quali e in sogno e altrimenti
lo rivocai; sì poco a lui ne calse!
  Tanto giù cadde, che tutti argomenti
a la salute sua eran già corti,
fuor che mostrarli le perdute genti.
  Per questo visitai l'uscio d'i morti
e a colui che l'ha qua sù condotto,
li prieghi miei, piangendo, furon porti.
  Alto fato di Dio sarebbe rotto,
se Leté si passasse e tal vivanda
fosse gustata sanza alcuno scotto
  di pentimento che lagrime spanda».

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  When the Septentrion of the highest heaven
(Which never either setting knew or rising,
Nor veil of other cloud than that of sin,
  And which made every one therein aware
Of his own duty, as the lower makes
Whoever turns the helm to come to port)
  Motionless halted, the veracious people,
That came at first between it and the Griffin,
Turned themselves to the car, as to their peace.
  And one of them, as if by Heaven commissioned,
Singing, “Veni, sponsa, de Libano”
Shouted three times, and all the others after.
  Even as the Blessed at the final summons
Shall rise up quickened each one from his cavern,
Uplifting light the reinvested flesh,
  So upon that celestial chariot
A hundred rose 'ad vocem tanti senis,'
Ministers and messengers of life eternal.
  They all were saying, “Benedictus qui venis”,
And, scattering flowers above and round about,
“Manibus o date lilia plenis”.
  Ere now have I beheld, as day began,
The eastern hemisphere all tinged with rose,
And the other heaven with fair serene adorned;
  And the sun's face, uprising, overshadowed
So that by tempering influence of vapours
For a long interval the eye sustained it;
  Thus in the bosom of a cloud of flowers
Which from those hands angelical ascended,
And downward fell again inside and out,
  Over her snow-white veil with olive cinct
Appeared a lady under a green mantle,
Vested in colour of the living flame.
  And my own spirit, that already now
So long a time had been, that in her presence
Trembling with awe it had not stood abashed,
  Without more knowledge having by mine eyes,
Through occult virtue that from her proceeded
Of ancient love the mighty influence felt.
  As soon as on my vision smote the power
Sublime, that had already pierced me through
Ere from my boyhood I had yet come forth,
  To the left hand I turned with that reliance
With which the little child runs to his mother,
When he has fear, or when he is afflicted,
  To say unto Virgilius: “Not a drachm
Of blood remains in me, that does not tremble;
I know the traces of the ancient flame”.
  But us Virgilius of himself deprived
Had left, Virgilius, sweetest of all fathers,
Virgilius, to whom I for safety gave me:
  Nor whatsoever lost the ancient mother
Availed my cheeks now purified from dew,
That weeping they should not again be darkened.
  “Dante, because Virgilius has departed
Do not weep yet, do not weep yet awhile;
For by another sword thou need'st must weep”.
  E'en as an admiral, who on poop and prow
Comes to behold the people that are working
In other ships, and cheers them to well-doing,
  Upon the left hand border of the car,
When at the sound I turned of my own name,
Which of necessity is here recorded,
  I saw the Lady, who erewhile appeared
Veiled underneath the angelic festival,
Direct her eyes to me across the river.
  Although the veil, that from her head descended,
Encircled with the foliage of Minerva,
Did not permit her to appear distinctly,
  In attitude still royally majestic
Continued she, like unto one who speaks,
And keeps his warmest utterance in reserve:
  “Look at me well; in sooth I'm Beatrice!
How didst thou deign to come unto the Mountain?
Didst thou not know that man is happy here?”.
  Mine eyes fell downward into the clear fountain,
But, seeing myself therein, I sought the grass,
So great a shame did weigh my forehead down.
  As to the son the mother seems superb,
So she appeared to me; for somewhat bitter
Tasteth the savour of severe compassion.
  Silent became she, and the Angels sang
Suddenly, “In te, Domine, speravi:”
But beyond 'pedes meos' did not pass.
  Even as the snow among the living rafters
Upon the back of Italy congeals,
Blown on and drifted by Sclavonian winds,
  And then, dissolving, trickles through itself
Whene'er the land that loses shadow breathes,
So that it seems a fire that melts a taper;
  E'en thus was I without a tear or sigh,
Before the song of those who sing for ever
After the music of the eternal spheres.
  But when I heard in their sweet melodies
Compassion for me, more than had they said,
“O wherefore, lady, dost thou thus upbraid him?”.
  The ice, that was about my heart congealed,
To air and water changed, and in my anguish
Through mouth and eyes came gushing from my breast.
  She, on the right-hand border of the car
Still firmly standing, to those holy beings
Thus her discourse directed afterwards:
  “Ye keep your watch in the eternal day,
So that nor night nor sleep can steal from you
One step the ages make upon their path;
  Therefore my answer is with greater care,
That he may hear me who is weeping yonder,
So that the sin and dole be of one measure.
  Not only by the work of those great wheels,
That destine every seed unto some end,
According as the stars are in conjunction,
  But by the largess of celestial graces,
Which have such lofty vapours for their rain
That near to them our sight approaches not,
  Such had this man become in his new life
Potentially, that every righteous habit
Would have made admirable proof in him;
  But so much more malignant and more savage
Becomes the land untilled and with bad seed,
The more good earthly vigour it possesses.
  Some time did I sustain him with my look;
Revealing unto him my youthful eyes,
I led him with me turned in the right way.
  As soon as ever of my second age
I was upon the threshold and changed life,
Himself from me he took and gave to others.
  When from the flesh to spirit I ascended,
And beauty and virtue were in me increased,
I was to him less dear and less delightful;
  And into ways untrue he turned his steps,
Pursuing the false images of good,
That never any promises fulfil;
  Nor prayer for inspiration me availed,
By means of which in dreams and otherwise
I called him back, so little did he heed them.
  So low he fell, that all appliances
For his salvation were already short,
Save showing him the people of perdition.
  For this I visited the gates of death,
And unto him, who so far up has led him,
My intercessions were with weeping borne.
  God's lofty fiat would be violated,
If Lethe should be passed, and if such viands
Should tasted be, withouten any scot
  Of penitence, that gushes forth in tears”.
Canto XXX