Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva,
ch'a li occhi temperava il novo giorno,
  sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d'ogne parte auliva.
  Un'aura dolce, sanza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento;
  per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u' la prim'ombra gitta il santo monte;
  non però dal loro esser dritto sparte
tanto, che li augelletti per le cime
lasciasser d'operare ogne lor arte;
  ma con piena letizia l'ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime,
  tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su 'l lito di Chiassi,
quand'Eolo scilocco fuor discioglie.
  Già m'avean trasportato i lenti passi
dentro a la selva antica tanto, ch'io
non potea rivedere ond'io mi 'ntrassi;
  ed ecco più andar mi tolse un rio,
che 'nver' sinistra con sue picciole onde
piegava l'erba che 'n sua ripa uscìo.
  Tutte l'acque che son di qua più monde,
parrieno avere in sé mistura alcuna,
verso di quella, che nulla nasconde,
  avvegna che si mova bruna bruna
sotto l'ombra perpetua, che mai
raggiar non lascia sole ivi né luna.
  Coi piè ristretti e con li occhi passai
di là dal fiumicello, per mirare
la gran variazion d'i freschi mai;
  e là m'apparve, sì com'elli appare
subitamente cosa che disvia
per maraviglia tutto altro pensare,
  una donna soletta che si gia
e cantando e scegliendo fior da fiore
ond'era pinta tutta la sua via.
  «Deh, bella donna, che a' raggi d'amore
ti scaldi, s'i' vo' credere a' sembianti
che soglion esser testimon del core,
  vegnati in voglia di trarreti avanti»,
diss'io a lei, «verso questa rivera,
tanto ch'io possa intender che tu canti.
  Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera».
  Come si volge, con le piante strette
a terra e intra sé, donna che balli,
e piede innanzi piede a pena mette,
  volsesi in su i vermigli e in su i gialli
fioretti verso me, non altrimenti
che vergine che li occhi onesti avvalli;
  e fece i prieghi miei esser contenti,
sì appressando sé, che 'l dolce suono
veniva a me co' suoi intendimenti.
  Tosto che fu là dove l'erbe sono
bagnate già da l'onde del bel fiume,
di levar li occhi suoi mi fece dono.
  Non credo che splendesse tanto lume
sotto le ciglia a Venere, trafitta
dal figlio fuor di tutto suo costume.
  Ella ridea da l'altra riva dritta,
trattando più color con le sue mani,
che l'alta terra sanza seme gitta.
  Tre passi ci facea il fiume lontani;
ma Elesponto, là 've passò Serse,
ancora freno a tutti orgogli umani,
  più odio da Leandro non sofferse
per mareggiare intra Sesto e Abido,
che quel da me perch'allor non s'aperse.
  «Voi siete nuovi, e forse perch'io rido»,
cominciò ella, «in questo luogo eletto
a l'umana natura per suo nido,
  maravigliando tienvi alcun sospetto;
ma luce rende il salmo Delectasti,
che puote disnebbiar vostro intelletto.
  E tu che se' dinanzi e mi pregasti,
dì s'altro vuoli udir; ch'i' venni presta
ad ogne tua question tanto che basti».
  «L'acqua», diss'io, «e 'l suon de la foresta
impugnan dentro a me novella fede
di cosa ch'io udi' contraria a questa».
  Ond'ella: «Io dicerò come procede
per sua cagion ciò ch'ammirar ti face,
e purgherò la nebbia che ti fiede.
  Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace,
fé l'uom buono e a bene, e questo loco
diede per arr'a lui d'etterna pace.
  Per sua difalta qui dimorò poco;
per sua difalta in pianto e in affanno
cambiò onesto riso e dolce gioco.
  Perché 'l turbar che sotto da sé fanno
l'essalazion de l'acqua e de la terra,
che quanto posson dietro al calor vanno,
  a l'uomo non facesse alcuna guerra,
questo monte salìo verso 'l ciel tanto,
e libero n'è d'indi ove si serra.
  Or perché in circuito tutto quanto
l'aere si volge con la prima volta,
se non li è rotto il cerchio d'alcun canto,
  in questa altezza ch'è tutta disciolta
ne l'aere vivo, tal moto percuote,
e fa sonar la selva perch'è folta;
  e la percossa pianta tanto puote,
che de la sua virtute l'aura impregna,
e quella poi, girando, intorno scuote;
  e l'altra terra, secondo ch'è degna
per sé e per suo ciel, concepe e figlia
di diverse virtù diverse legna.
  Non parrebbe di là poi maraviglia,
udito questo, quando alcuna pianta
sanza seme palese vi s'appiglia.
  E saper dei che la campagna santa
dove tu se', d'ogne semenza è piena,
e frutto ha in sé che di là non si schianta.
  L'acqua che vedi non surge di vena
che ristori vapor che gel converta,
come fiume ch'acquista e perde lena;
  ma esce di fontana salda e certa,
che tanto dal voler di Dio riprende,
quant'ella versa da due parti aperta.
  Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato;
da l'altra d'ogne ben fatto la rende.
  Quinci Letè; così da l'altro lato
Eunoè si chiama, e non adopra
se quinci e quindi pria non è gustato:
  a tutti altri sapori esto è di sopra.
E avvegna ch'assai possa esser sazia
la sete tua perch'io più non ti scuopra,
  darotti un corollario ancor per grazia;
né credo che 'l mio dir ti sia men caro,
se oltre promession teco si spazia.
  Quelli ch'anticamente poetaro
l'età de l'oro e suo stato felice,
forse in Parnaso esto loco sognaro.
  Qui fu innocente l'umana radice;
qui primavera sempre e ogne frutto;
nettare è questo di che ciascun dice».
  Io mi rivolsi 'n dietro allora tutto
a' miei poeti, e vidi che con riso
udito avean l'ultimo costrutto;
  poi a la bella donna torna' il viso.

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  Eager already to search in and round
The heavenly forest, dense and living-green,
Which tempered to the eyes the new-born day,
  Withouten more delay I left the bank,
Taking the level country slowly, slowly
Over the soil that everywhere breathes fragrance.
  A softly-breathing air, that no mutation
Had in itself, upon the forehead smote me
No heavier blow than of a gentle wind,
  Whereat the branches, lightly tremulous,
Did all of them bow downward toward that side
Where its first shadow casts the Holy Mountain;
  Yet not from their upright direction swayed,
So that the little birds upon their tops
Should leave the practice of each art of theirs;
  But with full ravishment the hours of prime,
Singing, received they in the midst of leaves,
That ever bore a burden to their rhymes,
  Such as from branch to branch goes gathering on
Through the pine forest on the shore of Chiassi,
When Eolus unlooses the Sirocco.
  Already my slow steps had carried me
Into the ancient wood so far, that I
Could not perceive where I had entered it.
  And lo! my further course a stream cut off,
Which tow'rd the left hand with its little waves
Bent down the grass that on its margin sprang.
  All waters that on earth most limpid are
Would seem to have within themselves some mixture
Compared with that which nothing doth conceal,
  Although it moves on with a brown, brown current
Under the shade perpetual, that never
Ray of the sun lets in, nor of the moon.
  With feet I stayed, and with mine eyes I passed
Beyond the rivulet, to look upon
The great variety of the fresh may.
  And there appeared to me (even as appears
Suddenly something that doth turn aside
Through very wonder every other thought)
  A lady all alone, who went along
Singing and culling floweret after floweret,
With which her pathway was all painted over.
  “Ah, beauteous lady, who in rays of love
Dost warm thyself, if I may trust to looks,
Which the heart's witnesses are wont to be,
  May the desire come unto thee to draw
Near to this river's bank”, I said to her,
“So much that I might hear what thou art singing.
  Thou makest me remember where and what
Proserpina that moment was when lost
Her mother her, and she herself the Spring”.
  As turns herself, with feet together pressed
And to the ground, a lady who is dancing,
And hardly puts one foot before the other,
  On the vermilion and the yellow flowerets
She turned towards me, not in other wise
Than maiden who her modest eyes casts down;
  And my entreaties made to be content,
So near approaching, that the dulcet sound
Came unto me together with its meaning
  As soon as she was where the grasses are.
Bathed by the waters of the beauteous river,
To lift her eyes she granted me the boon.
  I do not think there shone so great a light
Under the lids of Venus, when transfixed
By her own son, beyond his usual custom!
  Erect upon the other bank she smiled,
Bearing full many colours in her hands,
Which that high land produces without seed.
  Apart three paces did the river make us;
But Hellespont, where Xerxes passed across,
(A curb still to all human arrogance,)
  More hatred from Leander did not suffer
For rolling between Sestos and Abydos,
Than that from me, because it oped not then.
  “Ye are new-comers; and because I smile”,
Began she, “peradventure, in this place
Elect to human nature for its nest,
  Some apprehension keeps you marvelling;
But the psalm 'Delectasti' giveth light
Which has the power to uncloud your intellect.
  And thou who foremost art, and didst entreat me,
Speak, if thou wouldst hear more; for I came ready
To all thy questionings, as far as needful”.
  “The water”, said I, “and the forest's sound,
Are combating within me my new faith
In something which I heard opposed to this”.
  Whence she: “I will relate how from its cause
Proceedeth that which maketh thee to wonder,
And purge away the cloud that smites upon thee.
  The Good Supreme, sole in itself delighting,
Created man good, and this goodly place
Gave him as hansel of eternal peace.
  By his default short while he sojourned here;
By his default to weeping and to toil
He changed his innocent laughter and sweet play.
  That the disturbance which below is made
By exhalations of the land and water,
(Which far as may be follow after heat,)
  Might not upon mankind wage any war,
This mount ascended tow'rds the heaven so high,
And is exempt, from there where it is locked.
  Now since the universal atmosphere
Turns in a circuit with the primal motion
Unless the circle is broken on some side,
  Upon this height, that all is disengaged
In living ether, doth this motion strike
And make the forest sound, for it is dense;
  And so much power the stricken plant possesses
That with its virtue it impregns the air,
And this, revolving, scatters it around;
  And yonder earth, according as 'tis worthy
In self or in its clime, conceives and bears
Of divers qualities the divers trees;
  It should not seem a marvel then on earth,
This being heard, whenever any plant
Without seed manifest there taketh root.
  And thou must know, this holy table-land
In which thou art is full of every seed,
And fruit has in it never gathered there.
  The water which thou seest springs not from vein
Restored by vapour that the cold condenses,
Like to a stream that gains or loses breath;
  But issues from a fountain safe and certain,
Which by the will of God as much regains
As it discharges, open on two sides.
  Upon this side with virtue it descends,
Which takes away all memory of sin;
On that, of every good deed done restores it.
  Here Lethe, as upon the other side
Eunoe, it is called; and worketh not
If first on either side it be not tasted.
  This every other savour doth transcend;
And notwithstanding slaked so far may be
Thy thirst, that I reveal to thee no more,
  I'll give thee a corollary still in grace,
Nor think my speech will be to thee less dear
If it spread out beyond my promise to thee.
  Those who in ancient times have feigned in song
The Age of Gold and its felicity,
Dreamed of this place perhaps upon Parnassus.
  Here was the human race in innocence;
Here evermore was Spring, and every fruit;
This is the nectar of which each one speaks”.
  Then backward did I turn me wholly round
Unto my Poets, and saw that with a smile
They had been listening to these closing words;
  Then to the beautiful lady turned mine eyes.
Canto XXVIII