La concubina di Titone antico già s'imbiancava al balco d'oriente, fuor de le braccia del suo dolce amico; di gemme la sua fronte era lucente, poste in figura del freddo animale che con la coda percuote la gente; e la notte, de' passi con che sale, fatti avea due nel loco ov'eravamo, e 'l terzo già chinava in giuso l'ale; quand'io, che meco avea di quel d'Adamo, vinto dal sonno, in su l'erba inchinai là 've già tutti e cinque sedavamo. Ne l'ora che comincia i tristi lai la rondinella presso a la mattina, forse a memoria de' suo' primi guai, e che la mente nostra, peregrina più da la carne e men da' pensier presa, a le sue vision quasi è divina, in sogno mi parea veder sospesa un'aguglia nel ciel con penne d'oro, con l'ali aperte e a calare intesa; ed esser mi parea là dove fuoro abbandonati i suoi da Ganimede, quando fu ratto al sommo consistoro. Fra me pensava: 'Forse questa fiede pur qui per uso, e forse d'altro loco disdegna di portarne suso in piede'. Poi mi parea che, poi rotata un poco, terribil come folgor discendesse, e me rapisse suso infino al foco. Ivi parea che ella e io ardesse; e sì lo 'ncendio imaginato cosse, che convenne che 'l sonno si rompesse. Non altrimenti Achille si riscosse, li occhi svegliati rivolgendo in giro e non sappiendo là dove si fosse, quando la madre da Chirón a Schiro trafuggò lui dormendo in le sue braccia, là onde poi li Greci il dipartiro; che mi scoss'io, sì come da la faccia mi fuggì 'l sonno, e diventa' ismorto, come fa l'uom che, spaventato, agghiaccia. Dallato m'era solo il mio conforto, e 'l sole er'alto già più che due ore, e 'l viso m'era a la marina torto. «Non aver tema», disse il mio segnore; «fatti sicur, ché noi semo a buon punto; non stringer, ma rallarga ogne vigore. Tu se' omai al purgatorio giunto: vedi là il balzo che 'l chiude dintorno; vedi l'entrata là 've par digiunto. Dianzi, ne l'alba che procede al giorno, quando l'anima tua dentro dormia, sovra li fiori ond'è là giù addorno venne una donna, e disse: I' son Lucia; lasciatemi pigliar costui che dorme; sì l'agevolerò per la sua via. Sordel rimase e l'altre genti forme; ella ti tolse, e come 'l dì fu chiaro, sen venne suso; e io per le sue orme. Qui ti posò, ma pria mi dimostraro li occhi suoi belli quella intrata aperta; poi ella e 'l sonno ad una se n'andaro». A guisa d'uom che 'n dubbio si raccerta e che muta in conforto sua paura, poi che la verità li è discoperta, mi cambia' io; e come sanza cura vide me 'l duca mio, su per lo balzo si mosse, e io di rietro inver' l'altura. Lettor, tu vedi ben com'io innalzo la mia matera, e però con più arte non ti maravigliar s'io la rincalzo. Noi ci appressammo, ed eravamo in parte, che là dove pareami prima rotto, pur come un fesso che muro diparte, vidi una porta, e tre gradi di sotto per gire ad essa, di color diversi, e un portier ch'ancor non facea motto. E come l'occhio più e più v'apersi, vidil seder sovra 'l grado sovrano, tal ne la faccia ch'io non lo soffersi; e una spada nuda avea in mano, che reflettea i raggi sì ver' noi, ch'io drizzava spesso il viso in vano. «Dite costinci: che volete voi?», cominciò elli a dire, «ov'è la scorta? Guardate che 'l venir sù non vi nòi». «Donna del ciel, di queste cose accorta», rispuose 'l mio maestro a lui, «pur dianzi ne disse: Andate là: quivi è la porta». «Ed ella i passi vostri in bene avanzi», ricominciò il cortese portinaio: «Venite dunque a' nostri gradi innanzi». Là ne venimmo; e lo scaglion primaio bianco marmo era sì pulito e terso, ch'io mi specchiai in esso qual io paio. Era il secondo tinto più che perso, d'una petrina ruvida e arsiccia, crepata per lo lungo e per traverso. Lo terzo, che di sopra s'ammassiccia, porfido mi parea, sì fiammeggiante, come sangue che fuor di vena spiccia. Sovra questo tenea ambo le piante l'angel di Dio, sedendo in su la soglia, che mi sembiava pietra di diamante. Per li tre gradi sù di buona voglia mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi umilemente che 'l serrame scioglia». Divoto mi gittai a' santi piedi; misericordia chiesi e ch'el m'aprisse, ma tre volte nel petto pria mi diedi. Sette P ne la fronte mi descrisse col punton de la spada, e «Fa che lavi, quando se' dentro, queste piaghe», disse. Cenere, o terra che secca si cavi, d'un color fora col suo vestimento; e di sotto da quel trasse due chiavi. L'una era d'oro e l'altra era d'argento; pria con la bianca e poscia con la gialla fece a la porta sì, ch'i' fu' contento. «Quandunque l'una d'este chiavi falla, che non si volga dritta per la toppa», diss'elli a noi, «non s'apre questa calla. Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa d'arte e d'ingegno avanti che diserri, perch'ella è quella che 'l nodo digroppa. Da Pier le tegno; e dissemi ch'i' erri anzi ad aprir ch'a tenerla serrata, pur che la gente a' piedi mi s'atterri». Poi pinse l'uscio a la porta sacrata, dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti che di fuor torna chi 'n dietro si guata». E quando fuor ne' cardini distorti li spigoli di quella regge sacra, che di metallo son sonanti e forti, non rugghiò sì né si mostrò sì acra Tarpea, come tolto le fu il buono Metello, per che poi rimase macra. Io mi rivolsi attento al primo tuono, e 'Te Deum laudamus' mi parea udire in voce mista al dolce suono. Tale imagine a punto mi rendea ciò ch'io udiva, qual prender si suole quando a cantar con organi si stea; ch'or sì or no s'intendon le parole. 1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52 55 58 61 64 67 70 73 76 79 82 85 88 91 94 97 100 103 106 109 112 115 118 121 124 127 130 133 136 139 142 145 The concubine of old Tithonus now Gleamed white upon the eastern balcony, Forth from the arms of her sweet paramour; With gems her forehead all relucent was, Set in the shape of that cold animal Which with its tail doth smite amain the nations, And of the steps, with which she mounts, the Night Had taken two in that place where we were, And now the third was bending down its wings; When I, who something had of Adam in me, Vanquished by sleep, upon the grass reclined, There were all five of us already sat. Just at the hour when her sad lay begins The little swallow, near unto the morning, Perchance in memory of her former woes, And when the mind of man, a wanderer More from the flesh, and less by thought imprisoned, Almost prophetic in its visions is, In dreams it seemed to me I saw suspended An eagle in the sky, with plumes of gold, With wings wide open, and intent to stoop, And this, it seemed to me, was where had been By Ganymede his kith and kin abandoned, When to the high consistory he was rapt. I thought within myself, perchance he strikes From habit only here, and from elsewhere Disdains to bear up any in his feet. Then wheeling somewhat more, it seemed to me, Terrible as the lightning he descended, And snatched me upward even to the fire. Therein it seemed that he and I were burning, And the imagined fire did scorch me so, That of necessity my sleep was broken. Not otherwise Achilles started up, Around him turning his awakened eyes, And knowing not the place in which he was, What time from Chiron stealthily his mother Carried him sleeping in her arms to Scyros, Wherefrom the Greeks withdrew him afterwards, Than I upstarted, when from off my face Sleep fled away; and pallid I became, As doth the man who freezes with affright. Only my Comforter was at my side, And now the sun was more than two hours high, And turned towards the sea-shore was my face. “Be not intimidated”, said my Lord, “Be reassured, for all is well with us; Do not restrain, but put forth all thy strength. Thou hast at length arrived at Purgatory; See there the cliff that closes it around; See there the entrance, where it seems disjoined. Whilom at dawn, which doth precede the day, When inwardly thy spirit was asleep Upon the flowers that deck the land below, There came a Lady and said: 'I am Lucia; Let me take this one up, who is asleep; So will I make his journey easier for him.' Sordello and the other noble shapes Remained; she took thee, and, as day grew bright, Upward she came, and I upon her footsteps. She laid thee here; and first her beauteous eyes That open entrance pointed out to me; Then she and sleep together went away”. In guise of one whose doubts are reassured, And who to confidence his fear doth change, After the truth has been discovered to him, So did I change; and when without disquiet My Leader saw me, up along the cliff He moved, and I behind him, tow'rd the height. Reader, thou seest well how I exalt My theme, and therefore if with greater art I fortify it, marvel not thereat. Nearer approached we, and were in such place, That there, where first appeared to me a rift Like to a crevice that disparts a wall, I saw a portal, and three stairs beneath, Diverse in colour, to go up to it, And a gate-keeper, who yet spake no word. And as I opened more and more mine eyes, I saw him seated on the highest stair, Such in the face that I endured it not. And in his hand he had a naked sword, Which so reflected back the sunbeams tow'rds us, That oft in vain I lifted up mine eyes. “Tell it from where you are, what is't you wish?”. Began he to exclaim; “where is the escort? Take heed your coming hither harm you not!”. “A Lady of Heaven, with these things conversant”, My Master answered him, “but even now Said to us, 'Thither go; there is the portal.'” “And may she speed your footsteps in all good”, Again began the courteous janitor; “Come forward then unto these stairs of ours”. Thither did we approach; and the first stair Was marble white, so polished and so smooth, I mirrored myself therein as I appear. The second, tinct of deeper hue than perse, Was of a calcined and uneven stone, Cracked all asunder lengthwise and across. The third, that uppermost rests massively, Porphyry seemed to me, as flaming red As blood that from a vein is spirting forth. Both of his feet was holding upon this The Angel of God, upon the threshold seated, Which seemed to me a stone of diamond. Along the three stairs upward with good will Did my Conductor draw me, saying: “Ask Humbly that he the fastening may undo”. Devoutly at the holy feet I cast me, For mercy's sake besought that he would open, But first upon my breast three times I smote. Seven P's upon my forehead he described With the sword's point, and, “Take heed that thou wash These wounds, when thou shalt be within”, he said. Ashes, or earth that dry is excavated, Of the same colour were with his attire, And from beneath it he drew forth two keys. One was of gold, and the other was of silver; First with the white, and after with the yellow, Plied he the door, so that I was content. “Whenever faileth either of these keys So that it turn not rightly in the lock”, He said to us, “this entrance doth not open. More precious one is, but the other needs More art and intellect ere it unlock, For it is that which doth the knot unloose. From Peter I have them; and he bade me err Rather in opening than in keeping shut, If people but fall down before my feet”. Then pushed the portals of the sacred door, Exclaiming: “Enter; but I give you warning That forth returns whoever looks behind”. And when upon their hinges were turned round The swivels of that consecrated gate, Which are of metal, massive and sonorous, Roared not so loud, nor so discordant seemed Tarpeia, when was ta'en from it the good Metellus, wherefore meagre it remained. At the first thunder-peal I turned attentive, And “Te Deum laudamus” seemed to hear In voices mingled with sweet melody. Exactly such an image rendered me That which I heard, as we are wont to catch, When people singing with the organ stand; For now we hear, and now hear not, the words. Canto IX
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