Poscia che l'accoglienze oneste e liete furo iterate tre e quattro volte, Sordel si trasse, e disse: «Voi, chi siete?». «Anzi che a questo monte fosser volte l'anime degne di salire a Dio, fur l'ossa mie per Ottavian sepolte. Io son Virgilio; e per null'altro rio lo ciel perdei che per non aver fé». Così rispuose allora il duca mio. Qual è colui che cosa innanzi sé sùbita vede ond'e' si maraviglia, che crede e non, dicendo «Ella è... non è...», tal parve quelli; e poi chinò le ciglia, e umilmente ritornò ver' lui, e abbracciòl là 've 'l minor s'appiglia. «O gloria di Latin», disse, «per cui mostrò ciò che potea la lingua nostra, o pregio etterno del loco ond'io fui, qual merito o qual grazia mi ti mostra? S'io son d'udir le tue parole degno, dimmi se vien d'inferno, e di qual chiostra». «Per tutt'i cerchi del dolente regno», rispuose lui, «son io di qua venuto; virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno. Non per far, ma per non fare ho perduto a veder l'alto Sol che tu disiri e che fu tardi per me conosciuto. Luogo è là giù non tristo di martìri, ma di tenebre solo, ove i lamenti non suonan come guai, ma son sospiri. Quivi sto io coi pargoli innocenti dai denti morsi de la morte avante che fosser da l'umana colpa essenti; quivi sto io con quei che le tre sante virtù non si vestiro, e sanza vizio conobber l'altre e seguir tutte quante. Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio dà noi per che venir possiam più tosto là dove purgatorio ha dritto inizio». Rispuose: «Loco certo non c'è posto; licito m'è andar suso e intorno; per quanto ir posso, a guida mi t'accosto. Ma vedi già come dichina il giorno, e andar sù di notte non si puote; però è buon pensar di bel soggiorno. Anime sono a destra qua remote: se mi consenti, io ti merrò ad esse, e non sanza diletto ti fier note». «Com'è ciò?», fu risposto. «Chi volesse salir di notte, fora elli impedito d'altrui, o non sarria ché non potesse?». E 'l buon Sordello in terra fregò 'l dito, dicendo: «Vedi? sola questa riga non varcheresti dopo 'l sol partito: non però ch'altra cosa desse briga, che la notturna tenebra, ad ir suso; quella col nonpoder la voglia intriga. Ben si poria con lei tornare in giuso e passeggiar la costa intorno errando, mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso». Allora il mio segnor, quasi ammirando, «Menane», disse, «dunque là 've dici ch'aver si può diletto dimorando». Poco allungati c'eravam di lici, quand'io m'accorsi che 'l monte era scemo, a guisa che i vallon li sceman quici. «Colà», disse quell'ombra, «n'anderemo dove la costa face di sé grembo; e là il novo giorno attenderemo». Tra erto e piano era un sentiero schembo, che ne condusse in fianco de la lacca, là dove più ch'a mezzo muore il lembo. Oro e argento fine, cocco e biacca, indaco, legno lucido e sereno, fresco smeraldo in l'ora che si fiacca, da l'erba e da li fior, dentr'a quel seno posti, ciascun saria di color vinto, come dal suo maggiore è vinto il meno. Non avea pur natura ivi dipinto, ma di soavità di mille odori vi facea uno incognito e indistinto. 'Salve, Regina' in sul verde e 'n su' fiori quindi seder cantando anime vidi, che per la valle non parean di fuori. «Prima che 'l poco sole omai s'annidi», cominciò 'l Mantoan che ci avea vòlti, «tra color non vogliate ch'io vi guidi. Di questo balzo meglio li atti e ' volti conoscerete voi di tutti quanti, che ne la lama giù tra essi accolti. Colui che più siede alto e fa sembianti d'aver negletto ciò che far dovea, e che non move bocca a li altrui canti, Rodolfo imperador fu, che potea sanar le piaghe c'hanno Italia morta, sì che tardi per altri si ricrea. L'altro che ne la vista lui conforta, resse la terra dove l'acqua nasce che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta: Ottacchero ebbe nome, e ne le fasce fu meglio assai che Vincislao suo figlio barbuto, cui lussuria e ozio pasce. E quel nasetto che stretto a consiglio par con colui c'ha sì benigno aspetto, morì fuggendo e disfiorando il giglio: guardate là come si batte il petto! L'altro vedete c'ha fatto a la guancia de la sua palma, sospirando, letto. Padre e suocero son del mal di Francia: sanno la vita sua viziata e lorda, e quindi viene il duol che sì li lancia. Quel che par sì membruto e che s'accorda, cantando, con colui dal maschio naso, d'ogne valor portò cinta la corda; e se re dopo lui fosse rimaso lo giovanetto che retro a lui siede, ben andava il valor di vaso in vaso, che non si puote dir de l'altre rede; Iacomo e Federigo hanno i reami; del retaggio miglior nessun possiede. Rade volte risurge per li rami l'umana probitate; e questo vole quei che la dà, perché da lui si chiami. Anche al nasuto vanno mie parole non men ch'a l'altro, Pier, che con lui canta, onde Puglia e Proenza già si dole. Tant'è del seme suo minor la pianta, quanto più che Beatrice e Margherita, Costanza di marito ancor si vanta. Vedete il re de la semplice vita seder là solo, Arrigo d'Inghilterra: questi ha ne' rami suoi migliore uscita. Quel che più basso tra costor s'atterra, guardando in suso, è Guiglielmo marchese, per cui e Alessandria e la sua guerra fa pianger Monferrato e Canavese». 1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52 55 58 61 64 67 70 73 76 79 82 85 88 91 94 97 100 103 106 109 112 115 118 121 124 127 130 133 136 After the gracious and glad salutations Had three and four times been reiterated, Sordello backward drew and said, “Who are you?”. “Or ever to this mountain were directed The souls deserving to ascend to God, My bones were buried by Octavian. I am Virgilius; and for no crime else Did I lose heaven, than for not having faith”; In this wise then my Leader made reply. As one who suddenly before him sees Something whereat he marvels, who believes And yet does not, saying, “It is! it is not!”. So he appeared; and then bowed down his brow, And with humility returned towards him, And, where inferiors embrace, embraced him. “O glory of the Latians, thou”, he said, “Through whom our language showed what it could do O pride eternal of the place I came from, What merit or what grace to me reveals thee? If I to hear thy words be worthy, tell me If thou dost come from Hell, and from what cloister”. “Through all the circles of the doleful realm”, Responded he, “have I come hitherward; Heaven's power impelled me, and with that I come. I by not doing, not by doing, lost The sight of that high sun which thou desirest, And which too late by me was recognized. A place there is below not sad with torments, But darkness only, where the lamentations Have not the sound of wailing, but are sighs. There dwell I with the little innocents Snatched by the teeth of Death, or ever they Were from our human sinfulness exempt. There dwell I among those who the three saintly Virtues did not put on, and without vice The others knew and followed all of them. But if thou know and can, some indication Give us by which we may the sooner come Where Purgatory has its right beginning”. He answered: “No fixed place has been assigned us; 'Tis lawful for me to go up and round; So far as I can go, as guide I join thee. But see already how the day declines, And to go up by night we are not able; Therefore 'tis well to think of some fair sojourn. Souls are there on the right hand here withdrawn; If thou permit me I will lead thee to them, And thou shalt know them not without delight”. “How is this?”. was the answer; “should one wish To mount by night would he prevented be By others? or mayhap would not have power?”. And on the ground the good Sordello drew His finger, saying, “See, this line alone Thou couldst not pass after the sun is gone; Not that aught else would hindrance give, however, To going up, save the nocturnal darkness; This with the want of power the will perplexes. We might indeed therewith return below, And, wandering, walk the hill-side round about, While the horizon holds the day imprisoned”. Thereon my Lord, as if in wonder, said: “Do thou conduct us thither, where thou sayest That we can take delight in tarrying”. Little had we withdrawn us from that place, When I perceived the mount was hollowed out In fashion as the valleys here are hollowed. “Thitherward”, said that shade, “will we repair, Where of itself the hill-side makes a lap, And there for the new day will we await”. 'Twixt hill and plain there was a winding path Which led us to the margin of that dell, Where dies the border more than half away. Gold and fine silver, and scarlet and pearl-white, The Indian wood resplendent and serene, Fresh emerald the moment it is broken, By herbage and by flowers within that hollow Planted, each one in colour would be vanquished, As by its greater vanquished is the less. Nor in that place had nature painted only, But of the sweetness of a thousand odours Made there a mingled fragrance and unknown. “Salve Regina”, on the green and flowers There seated, singing, spirits I beheld, Which were not visible outside the valley. “Before the scanty sun now seeks his nest”, Began the Mantuan who had led us thither, “Among them do not wish me to conduct you. Better from off this ledge the acts and faces Of all of them will you discriminate, Than in the plain below received among them. He who sits highest, and the semblance bears Of having what he should have done neglected, And to the others' song moves not his lips, Rudolph the Emperor was, who had the power To heal the wounds that Italy have slain, So that through others slowly she revives. The other, who in look doth comfort him, Governed the region where the water springs, The Moldau bears the Elbe, and Elbe the sea. His name was Ottocar; and in swaddling-clothes Far better he than bearded Winceslaus His son, who feeds in luxury and ease. And the small-nosed, who close in council seems With him that has an aspect so benign, Died fleeing and disflowering the lily; Look there, how he is beating at his breast! Behold the other one, who for his cheek Sighing has made of his own palm a bed; Father and father-in-law of France's Pest Are they, and know his vicious life and lewd, And hence proceeds the grief that so doth pierce them. He who appears so stalwart, and chimes in, Singing, with that one of the manly nose, The cord of every valour wore begirt; And if as King had after him remained The stripling who in rear of him is sitting, Well had the valour passed from vase to vase, Which cannot of the other heirs be said. Frederick and Jacomo possess the realms, But none the better heritage possesses. Not oftentimes upriseth through the branches The probity of man; and this He wills Who gives it, so that we may ask of Him. Eke to the large-nosed reach my words, no less Than to the other, Pier, who with him sings; Whence Provence and Apulia grieve already The plant is as inferior to its seed, As more than Beatrice and Margaret Costanza boasteth of her husband still. Behold the monarch of the simple life, Harry of England, sitting there alone; He in his branches has a better issue. He who the lowest on the ground among them Sits looking upward, is the Marquis William, For whose sake Alessandria and her war Make Monferrat and Canavese weep”. Canto VII
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