Quando per dilettanze o ver per doglie, che alcuna virtù nostra comprenda l'anima bene ad essa si raccoglie, par ch'a nulla potenza più intenda; e questo è contra quello error che crede ch'un'anima sovr'altra in noi s'accenda. E però, quando s'ode cosa o vede che tegna forte a sé l'anima volta, vassene 'l tempo e l'uom non se n'avvede; ch'altra potenza è quella che l'ascolta, e altra è quella c'ha l'anima intera: questa è quasi legata, e quella è sciolta. Di ciò ebb'io esperienza vera, udendo quello spirto e ammirando; ché ben cinquanta gradi salito era lo sole, e io non m'era accorto, quando venimmo ove quell'anime ad una gridaro a noi: «Qui è vostro dimando». Maggiore aperta molte volte impruna con una forcatella di sue spine l'uom de la villa quando l'uva imbruna, che non era la calla onde saline lo duca mio, e io appresso, soli, come da noi la schiera si partìne. Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, montasi su in Bismantova 'n Cacume con esso i piè; ma qui convien ch'om voli; dico con l'ale snelle e con le piume del gran disio, di retro a quel condotto che speranza mi dava e facea lume. Noi salavam per entro 'l sasso rotto, e d'ogne lato ne stringea lo stremo, e piedi e man volea il suol di sotto. Poi che noi fummo in su l'orlo suppremo de l'alta ripa, a la scoperta piaggia, «Maestro mio», diss'io, «che via faremo?». Ed elli a me: «Nessun tuo passo caggia; pur su al monte dietro a me acquista, fin che n'appaia alcuna scorta saggia». Lo sommo er'alto che vincea la vista, e la costa superba più assai che da mezzo quadrante a centro lista. Io era lasso, quando cominciai: «O dolce padre, volgiti, e rimira com'io rimango sol, se non restai». «Figliuol mio», disse, «infin quivi ti tira», additandomi un balzo poco in sùe che da quel lato il poggio tutto gira. Sì mi spronaron le parole sue, ch'i' mi sforzai carpando appresso lui, tanto che 'l cinghio sotto i piè mi fue. A seder ci ponemmo ivi ambedui vòlti a levante ond'eravam saliti, che suole a riguardar giovare altrui. Li occhi prima drizzai ai bassi liti; poscia li alzai al sole, e ammirava che da sinistra n'eravam feriti. Ben s'avvide il poeta ch'io stava stupido tutto al carro de la luce, ove tra noi e Aquilone intrava. Ond'elli a me: «Se Castore e Poluce fossero in compagnia di quello specchio che sù e giù del suo lume conduce, tu vedresti il Zodiaco rubecchio ancora a l'Orse più stretto rotare, se non uscisse fuor del cammin vecchio. Come ciò sia, se 'l vuoi poter pensare, dentro raccolto, imagina Siòn con questo monte in su la terra stare sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn e diversi emisperi; onde la strada che mal non seppe carreggiar Fetòn, vedrai come a costui convien che vada da l'un, quando a colui da l'altro fianco, se lo 'ntelletto tuo ben chiaro bada». «Certo, maestro mio,», diss'io, «unquanco non vid'io chiaro sì com'io discerno là dove mio ingegno parea manco, che 'l mezzo cerchio del moto superno, che si chiama Equatore in alcun'arte, e che sempre riman tra 'l sole e 'l verno, per la ragion che di' , quinci si parte verso settentrion, quanto li Ebrei vedevan lui verso la calda parte. Ma se a te piace, volontier saprei quanto avemo ad andar; ché 'l poggio sale più che salir non posson li occhi miei». Ed elli a me: «Questa montagna è tale, che sempre al cominciar di sotto è grave; e quant'om più va sù, e men fa male. Però, quand'ella ti parrà soave tanto, che sù andar ti fia leggero com'a seconda giù andar per nave, allor sarai al fin d'esto sentiero; quivi di riposar l'affanno aspetta. Più non rispondo, e questo so per vero». E com'elli ebbe sua parola detta, una voce di presso sonò: «Forse che di sedere in pria avrai distretta!». Al suon di lei ciascun di noi si torse, e vedemmo a mancina un gran petrone, del qual né io né ei prima s'accorse. Là ci traemmo; e ivi eran persone che si stavano a l'ombra dietro al sasso come l'uom per negghienza a star si pone. E un di lor, che mi sembiava lasso, sedeva e abbracciava le ginocchia, tenendo 'l viso giù tra esse basso. «O dolce segnor mio», diss'io, «adocchia colui che mostra sé più negligente che se pigrizia fosse sua serocchia». Allor si volse a noi e puose mente, movendo 'l viso pur su per la coscia, e disse: «Or va tu sù, che se' valente!». Conobbi allor chi era, e quella angoscia che m'avacciava un poco ancor la lena, non m'impedì l'andare a lui; e poscia ch'a lui fu' giunto, alzò la testa a pena, dicendo: «Hai ben veduto come 'l sole da l'omero sinistro il carro mena?». Li atti suoi pigri e le corte parole mosser le labbra mie un poco a riso; poi cominciai: «Belacqua, a me non dole di te omai; ma dimmi: perché assiso quiritto se'? attendi tu iscorta, o pur lo modo usato t'ha' ripriso?». Ed elli: «O frate, andar in sù che porta? ché non mi lascerebbe ire a' martìri l'angel di Dio che siede in su la porta. Prima convien che tanto il ciel m'aggiri di fuor da essa, quanto fece in vita, perch'io 'ndugiai al fine i buon sospiri, se orazione in prima non m'aita che surga sù di cuor che in grazia viva; l'altra che val, che 'n ciel non è udita?». E già il poeta innanzi mi saliva, e dicea: «Vienne omai; vedi ch'è tocco meridian dal sole e a la riva cuopre la notte già col piè Morrocco». 1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52 55 58 61 64 67 70 73 76 79 82 85 88 91 94 97 100 103 106 109 112 115 118 121 124 127 130 133 136 139 Whenever by delight or else by pain, That seizes any faculty of ours, Wholly to that the soul collects itself, It seemeth that no other power it heeds; And this against that error is which thinks One soul above another kindles in us. And hence, whenever aught is heard or seen Which keeps the soul intently bent upon it, Time passes on, and we perceive it not, Because one faculty is that which listens, And other that which the soul keeps entire; This is as if in bonds, and that is free. Of this I had experience positive In hearing and in gazing at that spirit; For fifty full degrees uprisen was The sun, and I had not perceived it, when We came to where those souls with one accord Cried out unto us: “Here is what you ask”. A greater opening ofttimes hedges up With but a little forkful of his thorns The villager, what time the grape imbrowns, Than was the passage-way through which ascended Only my Leader and myself behind him, After that company departed from us. One climbs Sanleo and descends in Noli, And mounts the summit of Bismantova, With feet alone; but here one needs must fly; With the swift pinions and the plumes I say Of great desire, conducted after him Who gave me hope, and made a light for me. We mounted upward through the rifted rock, And on each side the border pressed upon us, And feet and hands the ground beneath required. When we were come upon the upper rim Of the high bank, out on the open slope, “My Master”, said I, “what way shall we take?”. And he to me: “No step of thine descend; Still up the mount behind me win thy way, Till some sage escort shall appear to us”. The summit was so high it vanquished sight, And the hillside precipitous far more Than line from middle quadrant to the centre. Spent with fatigue was I, when I began: “O my sweet Father! turn thee and behold How I remain alone, unless thou stay!”. “O son”, he said, “up yonder drag thyself”, Pointing me to a terrace somewhat higher, Which on that side encircles all the hill. These words of his so spurred me on, that I Strained every nerve, behind him scrambling up, Until the circle was beneath my feet. Thereon ourselves we seated both of us Turned to the East, from which we had ascended, For all men are delighted to look back. To the low shores mine eyes I first directed, Then to the sun uplifted them, and wondered That on the left hand we were smitten by it. The Poet well perceived that I was wholly Bewildered at the chariot of the light, Where 'twixt us and the Aquilon it entered. Whereon he said to me: “If Castor and Pollux Were in the company of yonder mirror, That up and down conducteth with its light, Thou wouldst behold the zodiac's jagged wheel Revolving still more near unto the Bears, Unless it swerved aside from its old track. How that may be wouldst thou have power to think, Collected in thyself, imagine Zion Together with this mount on earth to stand, So that they both one sole horizon have, And hemispheres diverse; whereby the road Which Phaeton, alas! knew not to drive, Thou'lt see how of necessity must pass This on one side, when that upon the other, If thine intelligence right clearly heed”. “Truly, my Master”, said I, “never yet Saw I so clearly as I now discern, There where my wit appeared incompetent, That the mid-circle of supernal motion, Which in some art is the Equator called, And aye remains between the Sun and Winter, For reason which thou sayest, departeth hence Tow'rds the Septentrion, what time the Hebrews Beheld it tow'rds the region of the heat. But, if it pleaseth thee, I fain would learn How far we have to go; for the hill rises Higher than eyes of mine have power to rise”. And he to me: “This mount is such, that ever At the beginning down below 'tis tiresome, And aye the more one climbs, the less it hurts. Therefore, when it shall seem so pleasant to thee, That going up shall be to thee as easy As going down the current in a boat, Then at this pathway's ending thou wilt be; There to repose thy panting breath expect; No more I answer; and this I know for true”. And as he finished uttering these words, A voice close by us sounded: “Peradventure Thou wilt have need of sitting down ere that”. At sound thereof each one of us turned round, And saw upon the left hand a great rock, Which neither I nor he before had noticed. Thither we drew; and there were persons there Who in the shadow stood behind the rock, As one through indolence is wont to stand. And one of them, who seemed to me fatigued, Was sitting down, and both his knees embraced, Holding his face low down between them bowed. “O my sweet Lord”, I said, “do turn thine eye On him who shows himself more negligent Then even Sloth herself his sister were”. Then he turned round to us, and he gave heed, Just lifting up his eyes above his thigh, And said: “Now go thou up, for thou art valiant”. Then knew I who he was; and the distress, That still a little did my breathing quicken, My going to him hindered not; and after I came to him he hardly raised his head, Saying: “Hast thou seen clearly how the sun O'er thy left shoulder drives his chariot?”. His sluggish attitude and his curt words A little unto laughter moved my lips; Then I began: “Belacqua, I grieve not For thee henceforth; but tell me, wherefore seated In this place art thou? Waitest thou an escort? Or has thy usual habit seized upon thee?”. And he: “O brother, what's the use of climbing? Since to my torment would not let me go The Angel of God, who sitteth at the gate. First heaven must needs so long revolve me round Outside thereof, as in my life it did, Since the good sighs I to the end postponed, Unless, e'er that, some prayer may bring me aid Which rises from a heart that lives in grace; What profit others that in heaven are heard not?”. Meanwhile the Poet was before me mounting, And saying: “Come now; see the sun has touched Meridian, and from the shore the night Covers already with her foot Morocco”. Canto IV
|