Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Poscia che 'ncontro a la vita presente
d'i miseri mortali aperse 'l vero
quella che 'mparadisa la mia mente,
  come in lo specchio fiamma di doppiero
vede colui che se n'alluma retro,
prima che l'abbia in vista o in pensiero,
  e sé rivolge per veder se 'l vetro
li dice il vero, e vede ch'el s'accorda
con esso come nota con suo metro;
  così la mia memoria si ricorda
ch'io feci riguardando ne' belli occhi
onde a pigliarmi fece Amor la corda.
  E com'io mi rivolsi e furon tocchi
li miei da ciò che pare in quel volume,
quandunque nel suo giro ben s'adocchi,
  un punto vidi che raggiava lume
acuto sì, che 'l viso ch'elli affoca
chiuder conviensi per lo forte acume;
  e quale stella par quinci più poca,
parrebbe luna, locata con esso
come stella con stella si collòca.
  Forse cotanto quanto pare appresso
alo cigner la luce che 'l dipigne
quando 'l vapor che 'l porta più è spesso,
  distante intorno al punto un cerchio d'igne
si girava sì ratto, ch'avria vinto
quel moto che più tosto il mondo cigne;
  e questo era d'un altro circumcinto,
e quel dal terzo, e 'l terzo poi dal quarto,
dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto.
  Sopra seguiva il settimo sì sparto
già di larghezza, che 'l messo di Iuno
intero a contenerlo sarebbe arto.
  Così l'ottavo e 'l nono; e chiascheduno
più tardo si movea, secondo ch'era
in numero distante più da l'uno;
  e quello avea la fiamma più sincera
cui men distava la favilla pura,
credo, però che più di lei s'invera.
  La donna mia, che mi vedea in cura
forte sospeso, disse: «Da quel punto
depende il cielo e tutta la natura.
  Mira quel cerchio che più li è congiunto;
e sappi che 'l suo muovere è sì tosto
per l'affocato amore ond'elli è punto».
  E io a lei: «Se 'l mondo fosse posto
con l'ordine ch'io veggio in quelle rote,
sazio m'avrebbe ciò che m'è proposto;
  ma nel mondo sensibile si puote
veder le volte tanto più divine,
quant'elle son dal centro più remote.
  Onde, se 'l mio disir dee aver fine
in questo miro e angelico templo
che solo amore e luce ha per confine,
  udir convienmi ancor come l'essemplo
e l'essemplare non vanno d'un modo,
ché io per me indarno a ciò contemplo».
  «Se li tuoi diti non sono a tal nodo
sufficienti, non è maraviglia:
tanto, per non tentare, è fatto sodo!».
  Così la donna mia; poi disse: «Piglia
quel ch'io ti dicerò, se vuo' saziarti;
e intorno da esso t'assottiglia.
  Li cerchi corporai sono ampi e arti
secondo il più e 'l men de la virtute
che si distende per tutte lor parti.
  Maggior bontà vuol far maggior salute;
maggior salute maggior corpo cape,
s'elli ha le parti igualmente compiute.
  Dunque costui che tutto quanto rape
l'altro universo seco, corrisponde
al cerchio che più ama e che più sape:
  per che, se tu a la virtù circonde
la tua misura, non a la parvenza
de le sustanze che t'appaion tonde,
  tu vederai mirabil consequenza
di maggio a più e di minore a meno,
in ciascun cielo, a sua intelligenza».
  Come rimane splendido e sereno
l'emisperio de l'aere, quando soffia
Borea da quella guancia ond'è più leno,
  per che si purga e risolve la roffia
che pria turbava, sì che 'l ciel ne ride
con le bellezze d'ogne sua paroffia;
  così fec'io, poi che mi provide
la donna mia del suo risponder chiaro,
e come stella in cielo il ver si vide.
  E poi che le parole sue restaro,
non altrimenti ferro disfavilla
che bolle, come i cerchi sfavillaro.
  L'incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che 'l numero loro
più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla.
  Io sentiva osannar di coro in coro
al punto fisso che li tiene a li ubi,
e terrà sempre, ne' quai sempre fuoro.
  E quella che vedea i pensier dubi
ne la mia mente, disse: «I cerchi primi
t'hanno mostrato Serafi e Cherubi.
  Così veloci seguono i suoi vimi,
per somigliarsi al punto quanto ponno;
e posson quanto a veder son soblimi.
  Quelli altri amori che 'ntorno li vonno,
si chiaman Troni del divino aspetto,
per che 'l primo ternaro terminonno;
  e dei saper che tutti hanno diletto
quanto la sua veduta si profonda
nel vero in che si queta ogne intelletto.
  Quinci si può veder come si fonda
l'essere beato ne l'atto che vede,
non in quel ch'ama, che poscia seconda;
  e del vedere è misura mercede,
che grazia partorisce e buona voglia:
così di grado in grado si procede.
  L'altro ternaro, che così germoglia
in questa primavera sempiterna
che notturno Ariete non dispoglia,
  perpetualemente 'Osanna' sberna
con tre melode, che suonano in tree
ordini di letizia onde s'interna.
  In essa gerarcia son l'altre dee:
prima Dominazioni, e poi Virtudi;
l'ordine terzo di Podestadi èe.
  Poscia ne' due penultimi tripudi
Principati e Arcangeli si girano;
l'ultimo è tutto d'Angelici ludi.
  Questi ordini di sù tutti s'ammirano,
e di giù vincon sì, che verso Dio
tutti tirati sono e tutti tirano.
  E Dionisio con tanto disio
a contemplar questi ordini si mise,
che li nomò e distinse com'io.
  Ma Gregorio da lui poi si divise;
onde, sì tosto come li occhi aperse
in questo ciel, di sé medesmo rise.
  E se tanto secreto ver proferse
mortale in terra, non voglio ch'ammiri;
ché chi 'l vide qua sù gliel discoperse
  con altro assai del ver di questi giri».

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  After the truth against the present life
Of miserable mortals was unfolded
By her who doth imparadise my mind,
  As in a looking-glass a taper's flame
He sees who from behind is lighted by it,
Before he has it in his sight or thought,
  And turns him round to see if so the glass
Tell him the truth, and sees that it accords
Therewith as doth a music with its metre,
  In similar wise my memory recollecteth
That I did, looking into those fair eyes,
Of which Love made the springes to ensnare me.
  And as I turned me round, and mine were touched
By that which is apparent in that volume,
Whenever on its gyre we gaze intent,
  A point beheld I, that was raying out
Light so acute, the sight which it enkindles
Must close perforce before such great acuteness.
  And whatsoever star seems smallest here
Would seem to be a moon, if placed beside it.
As one star with another star is placed.
  Perhaps at such a distance as appears
A halo cincturing the light that paints it,
When densest is the vapour that sustains it,
  Thus distant round the point a circle of fire
So swiftly whirled, that it would have surpassed
Whatever motion soonest girds the world;
  And this was by another circumcinct,
That by a third, the third then by a fourth,
By a fifth the fourth, and then by a sixth the fifth;
  The seventh followed thereupon in width
So ample now, that Juno's messenger
Entire would be too narrow to contain it.
  Even so the eighth and ninth; and every one
More slowly moved, according as it was
In number distant farther from the first.
  And that one had its flame most crystalline
From which less distant was the stainless spark,
I think because more with its truth imbued.
  My Lady, who in my anxiety
Beheld me much perplexed, said: “From that point
Dependent is the heaven and nature all.
  Behold that circle most conjoined to it,
And know thou, that its motion is so swift
Through burning love whereby it is spurred on”.
  And I to her: “If the world were arranged
In the order which I see in yonder wheels,
What's set before me would have satisfied me;
  But in the world of sense we can perceive
That evermore the circles are diviner
As they are from the centre more remote
  Wherefore if my desire is to be ended
In this miraculous and angelic temple,
That has for confines only love and light,
  To hear behoves me still how the example
And the exemplar go not in one fashion,
Since for myself in vain I contemplate it”.
  “If thine own fingers unto such a knot
Be insufficient, it is no great wonder,
So hard hath it become for want of trying”.
  My Lady thus; then said she: “Do thou take
What I shall tell thee, if thou wouldst be sated,
And exercise on that thy subtlety.
  The circles corporal are wide and narrow
According to the more or less of virtue
Which is distributed through all their parts.
  The greater goodness works the greater weal,
The greater weal the greater body holds,
If perfect equally are all its parts.
  Therefore this one which sweeps along with it
The universe sublime, doth correspond
Unto the circle which most loves and knows.
  On which account, if thou unto the virtue
Apply thy measure, not to the appearance
Of substances that unto thee seem round,
  Thou wilt behold a marvellous agreement,
Of more to greater, and of less to smaller,
In every heaven, with its Intelligence”.
  Even as remaineth splendid and serene
The hemisphere of air, when Boreas
Is blowing from that cheek where he is mildest,
  Because is purified and resolved the rack
That erst disturbed it, till the welkin laughs
With all the beauties of its pageantry;
  Thus did I likewise, after that my Lady
Had me provided with her clear response,
And like a star in heaven the truth was seen.
  And soon as to a stop her words had come,
Not otherwise does iron scintillate
When molten, than those circles scintillated.
  Their coruscation all the sparks repeated,
And they so many were, their number makes
More millions than the doubling of the chess.
  I heard them sing hosanna choir by choir
To the fixed point which holds them at the 'Ubi,'
And ever will, where they have ever been.
  And she, who saw the dubious meditations
Within my mind, “The primal circles”, said,
“Have shown thee Seraphim and Cherubim.
  Thus rapidly they follow their own bonds,
To be as like the point as most they can,
And can as far as they are high in vision.
  Those other Loves, that round about them go,
Thrones of the countenance divine are called,
Because they terminate the primal Triad.
  And thou shouldst know that they all have delight
As much as their own vision penetrates
The Truth, in which all intellect finds rest.
  From this it may be seen how blessedness
Is founded in the faculty which sees,
And not in that which loves, and follows next;
  And of this seeing merit is the measure,
Which is brought forth by grace, and by good will;
Thus on from grade to grade doth it proceed.
  The second Triad, which is germinating
In such wise in this sempiternal spring,
That no nocturnal Aries despoils,
  Perpetually hosanna warbles forth
With threefold melody, that sounds in three
Orders of joy, with which it is intrined.
  The three Divine are in this hierarchy,
First the Dominions, and the Virtues next;
And the third order is that of the Powers.
  Then in the dances twain penultimate
The Principalities and Archangels wheel;
The last is wholly of angelic sports.
  These orders upward all of them are gazing,
And downward so prevail, that unto God
They all attracted are and all attract.
  And Dionysius with so great desire
To contemplate these Orders set himself,
He named them and distinguished them as I do.
  But Gregory afterwards dissented from him;
Wherefore, as soon as he unclosed his eyes
Within this heaven, he at himself did smile.
  And if so much of secret truth a mortal
Proffered on earth, I would not have thee marvel,
For he who saw it here revealed it to him,
  With much more of the truth about these circles”.
Canto XXVIII