«O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba sì, che la vostra voglia è sempre piena, se per grazia di Dio questi preliba di quel che cade de la vostra mensa, prima che morte tempo li prescriba, ponete mente a l'affezione immensa e roratelo alquanto: voi bevete sempre del fonte onde vien quel ch'ei pensa». Così Beatrice; e quelle anime liete si fero spere sopra fissi poli, fiammando, a volte, a guisa di comete. E come cerchi in tempra d'oriuoli si giran sì, che 'l primo a chi pon mente quieto pare, e l'ultimo che voli; così quelle carole, differente- mente danzando, de la sua ricchezza mi facieno stimar, veloci e lente. Di quella ch'io notai di più carezza vid'io uscire un foco sì felice, che nullo vi lasciò di più chiarezza; e tre fiate intorno di Beatrice si volse con un canto tanto divo, che la mia fantasia nol mi ridice. Però salta la penna e non lo scrivo: ché l'imagine nostra a cotai pieghe, non che 'l parlare, è troppo color vivo. «O santa suora mia che sì ne prieghe divota, per lo tuo ardente affetto da quella bella spera mi disleghe». Poscia fermato, il foco benedetto a la mia donna dirizzò lo spiro, che favellò così com'i' ho detto. Ed ella: «O luce etterna del gran viro a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi, ch'ei portò giù, di questo gaudio miro, tenta costui di punti lievi e gravi, come ti piace, intorno de la fede, per la qual tu su per lo mare andavi. S'elli ama bene e bene spera e crede, non t'è occulto, perché 'l viso hai quivi dov'ogne cosa dipinta si vede; ma perché questo regno ha fatto civi per la verace fede, a gloriarla, di lei parlare è ben ch'a lui arrivi». Sì come il baccialier s'arma e non parla fin che 'l maestro la question propone, per approvarla, non per terminarla, così m'armava io d'ogne ragione mentre ch'ella dicea, per esser presto a tal querente e a tal professione. «Di', buon Cristiano, fatti manifesto: fede che è?». Ond'io levai la fronte in quella luce onde spirava questo; poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte sembianze femmi perch'io spandessi l'acqua di fuor del mio interno fonte. «La Grazia che mi dà ch'io mi confessi», comincia' io, «da l'alto primipilo, faccia li miei concetti bene espressi». E seguitai: «Come 'l verace stilo ne scrisse, padre, del tuo caro frate che mise teco Roma nel buon filo, fede è sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi; e questa pare a me sua quiditate». Allora udi' : «Dirittamente senti, se bene intendi perché la ripuose tra le sustanze, e poi tra li argomenti». E io appresso: «Le profonde cose che mi largiscon qui la lor parvenza, a li occhi di là giù son sì ascose, che l'esser loro v'è in sola credenza, sopra la qual si fonda l'alta spene; e però di sustanza prende intenza. E da questa credenza ci convene silogizzar, sanz'avere altra vista: però intenza d'argomento tene». Allora udi' : «Se quantunque s'acquista giù per dottrina, fosse così 'nteso, non lì avria loco ingegno di sofista». Così spirò di quello amore acceso; indi soggiunse: «Assai bene è trascorsa d'esta moneta già la lega e 'l peso; ma dimmi se tu l'hai ne la tua borsa». Ond'io: «Sì ho, sì lucida e sì tonda, che nel suo conio nulla mi s'inforsa». Appresso uscì de la luce profonda che lì splendeva: «Questa cara gioia sopra la quale ogne virtù si fonda, onde ti venne?». E io: «La larga ploia de lo Spirito Santo, ch'è diffusa in su le vecchie e 'n su le nuove cuoia, è silogismo che la m'ha conchiusa acutamente sì, che 'nverso d'ella ogne dimostrazion mi pare ottusa». Io udi' poi: «L'antica e la novella proposizion che così ti conchiude, perché l'hai tu per divina favella?». E io: «La prova che 'l ver mi dischiude, son l'opere seguite, a che natura non scalda ferro mai né batte incude». Risposto fummi: «Di', chi t'assicura che quell'opere fosser? Quel medesmo che vuol provarsi, non altri, il ti giura». «Se 'l mondo si rivolse al cristianesmo», diss'io, «sanza miracoli, quest'uno è tal, che li altri non sono il centesmo: ché tu intrasti povero e digiuno in campo, a seminar la buona pianta che fu già vite e ora è fatta pruno». Finito questo, l'alta corte santa risonò per le spere un 'Dio laudamo' ne la melode che là sù si canta. E quel baron che sì di ramo in ramo, essaminando, già tratto m'avea, che a l'ultime fronde appressavamo, ricominciò: «La Grazia, che donnea con la tua mente, la bocca t'aperse infino a qui come aprir si dovea, sì ch'io approvo ciò che fuori emerse; ma or conviene espremer quel che credi, e onde a la credenza tua s'offerse». «O santo padre, e spirito che vedi ciò che credesti sì, che tu vincesti ver' lo sepulcro più giovani piedi», comincia' io, «tu vuo' ch'io manifesti la forma qui del pronto creder mio, e anche la cagion di lui chiedesti. E io rispondo: Io credo in uno Dio solo ed etterno, che tutto 'l ciel move, non moto, con amore e con disio; e a tal creder non ho io pur prove fisice e metafisice, ma dalmi anche la verità che quinci piove per Moisè, per profeti e per salmi, per l'Evangelio e per voi che scriveste poi che l'ardente Spirto vi fé almi; e credo in tre persone etterne, e queste credo una essenza sì una e sì trina, che soffera congiunto 'sono' ed 'este'. De la profonda condizion divina ch'io tocco mo, la mente mi sigilla più volte l'evangelica dottrina. Quest'è 'l principio, quest'è la favilla che si dilata in fiamma poi vivace, e come stella in cielo in me scintilla». Come 'l segnor ch'ascolta quel che i piace, da indi abbraccia il servo, gratulando per la novella, tosto ch'el si tace; così, benedicendomi cantando, tre volte cinse me, sì com'io tacqui, l'appostolico lume al cui comando io avea detto: sì nel dir li piacqui! 1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52 55 58 61 64 67 70 73 76 79 82 85 88 91 94 97 100 103 106 109 112 115 118 121 124 127 130 133 136 139 142 145 148 151 154 “O company elect to the great supper Of the Lamb benedight, who feedeth you So that for ever full is your desire, If by the grace of God this man foretaste Something of that which falleth from your table, Or ever death prescribe to him the time, Direct your mind to his immense desire, And him somewhat bedew; ye drinking are For ever at the fount whence comes his thought”. Thus Beatrice; and those souls beatified Transformed themselves to spheres on steadfast poles, Flaming intensely in the guise of comets. And as the wheels in works of horologes Revolve so that the first to the beholder Motionless seems, and the last one to fly, So in like manner did those carols, dancing In different measure, of their affluence Give me the gauge, as they were swift or slow. From that one which I noted of most beauty Beheld I issue forth a fire so happy That none it left there of a greater brightness; And around Beatrice three several times It whirled itself with so divine a song, My fantasy repeats it not to me; Therefore the pen skips, and I write it not, Since our imagination for such folds, Much more our speech, is of a tint too glaring. “O holy sister mine, who us implorest With such devotion, by thine ardent love Thou dost unbind me from that beautiful sphere!”. Thereafter, having stopped, the blessed fire Unto my Lady did direct its breath, Which spake in fashion as I here have said. And she: “O light eterne of the great man To whom our Lord delivered up the keys He carried down of this miraculous joy, This one examine on points light and grave, As good beseemeth thee, about the Faith By means of which thou on the sea didst walk. If he love well, and hope well, and believe, From thee 'tis hid not; for thou hast thy sight There where depicted everything is seen. But since this kingdom has made citizens By means of the true Faith, to glorify it 'Tis well he have the chance to speak thereof”. As baccalaureate arms himself, and speaks not Until the master doth propose the question, To argue it, and not to terminate it, So did I arm myself with every reason, While she was speaking, that I might be ready For such a questioner and such profession. “Say, thou good Christian; manifest thyself; What is the Faith?”. Whereat I raised my brow Unto that light wherefrom was this breathed forth. Then turned I round to Beatrice, and she Prompt signals made to me that I should pour The water forth from my internal fountain. “May grace, that suffers me to make confession”, Began I, “to the great centurion, Cause my conceptions all to be explicit!”. And I continued: “As the truthful pen, Father, of thy dear brother wrote of it, Who put with thee Rome into the good way, Faith is the substance of the things we hope for, And evidence of those that are not seen; And this appears to me its quiddity”. Then heard I: “Very rightly thou perceivest, If well thou understandest why he placed it With substances and then with evidences”. And I thereafterward: “The things profound, That here vouchsafe to me their apparition, Unto all eyes below are so concealed, That they exist there only in belief, Upon the which is founded the high hope, And hence it takes the nature of a substance. And it behoveth us from this belief To reason without having other sight, And hence it has the nature of evidence”. Then heard I: “If whatever is acquired Below by doctrine were thus understood, No sophist's subtlety would there find place”. Thus was breathed forth from that enkindled love; Then added: “Very well has been gone over Already of this coin the alloy and weight; But tell me if thou hast it in thy purse?”. And I: “Yes, both so shining and so round That in its stamp there is no peradventure”. Thereafter issued from the light profound That there resplendent was: “This precious jewel, Upon the which is every virtue founded, Whence hadst thou it?”. And I: “The large outpouring Of Holy Spirit, which has been diffused Upon the ancient parchments and the new, A syllogism is, which proved it to me With such acuteness, that, compared therewith, All demonstration seems to me obtuse”. And then I heard: “The ancient and the new Postulates, that to thee are so conclusive, Why dost thou take them for the word divine?”. And I: “The proofs, which show the truth to me, Are the works subsequent, whereunto Nature Ne'er heated iron yet, nor anvil beat”. 'Twas answered me: “Say, who assureth thee That those works ever were? the thing itself That must be proved, nought else to thee affirms it”. “Were the world to Christianity converted”, I said, “withouten miracles, this one Is such, the rest are not its hundredth part; Because that poor and fasting thou didst enter Into the field to sow there the good plant, Which was a vine and has become a thorn!”. This being finished, the high, holy Court Resounded through the spheres, “One God we praise!”. In melody that there above is chanted. And then that Baron, who from branch to branch, Examining, had thus conducted me, Till the extremest leaves we were approaching, Again began: “The Grace that dallying Plays with thine intellect thy mouth has opened, Up to this point, as it should opened be, So that I do approve what forth emerged; But now thou must express what thou believest, And whence to thy belief it was presented”. “O holy father, spirit who beholdest What thou believedst so that thou o'ercamest, Towards the sepulchre, more youthful feet”, Began I, “thou dost wish me in this place The form to manifest of my prompt belief, And likewise thou the cause thereof demandest. And I respond: In one God I believe, Sole and eterne, who moveth all the heavens With love and with desire, himself unmoved; And of such faith not only have I proofs Physical and metaphysical, but gives them Likewise the truth that from this place rains down Through Moses, through the Prophets and the Psalms, Through the Evangel, and through you, who wrote After the fiery Spirit sanctified you; In Persons three eterne believe, and these One essence I believe, so one and trine They bear conjunction both with 'sunt' and 'est.' With the profound condition and divine Which now I touch upon, doth stamp my mind Ofttimes the doctrine evangelical. This the beginning is, this is the spark Which afterwards dilates to vivid flame, And, like a star in heaven, is sparkling in me”. Even as a lord who hears what pleaseth him His servant straight embraces, gratulating For the good news as soon as he is silent; So, giving me its benediction, singing, Three times encircled me, when I was silent, The apostolic light, at whose command I spoken had, in speaking I so pleased him. Canto XXIV
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