Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande,
che per mare e per terra batti l'ali,
e per lo 'nferno tuo nome si spande!
  Tra li ladron trovai cinque cotali
tuoi cittadini onde mi ven vergogna,
e tu in grande orranza non ne sali.
  Ma se presso al mattin del ver si sogna,
tu sentirai di qua da picciol tempo
di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.
  E se già fosse, non saria per tempo.
Così foss'ei, da che pur esser dee!
ché più mi graverà, com'più m'attempo.
  Noi ci partimmo, e su per le scalee
che n'avea fatto iborni a scender pria,
rimontò 'l duca mio e trasse mee;
  e proseguendo la solinga via,
tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio
lo piè sanza la man non si spedia.
  Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi,
e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio,
  perché non corra che virtù nol guidi;
sì che, se stella bona o miglior cosa
m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.
  Quante 'l villan ch'al poggio si riposa,
nel tempo che colui che 'l mondo schiara
la faccia sua a noi tien meno ascosa,
  come la mosca cede alla zanzara,
vede lucciole giù per la vallea,
forse colà dov'e' vendemmia e ara:
  di tante fiamme tutta risplendea
l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi
tosto che fui là 've 'l fondo parea.
  E qual colui che si vengiò con li orsi
vide 'l carro d'Elia al dipartire,
quando i cavalli al cielo erti levorsi,
  che nol potea sì con li occhi seguire,
ch'el vedesse altro che la fiamma sola,
sì come nuvoletta, in sù salire:
  tal si move ciascuna per la gola
del fosso, ché nessuna mostra 'l furto,
e ogne fiamma un peccatore invola.
  Io stava sovra 'l ponte a veder surto,
sì che s'io non avessi un ronchion preso,
caduto sarei giù sanz'esser urto.
  E 'l duca che mi vide tanto atteso,
disse: «Dentro dai fuochi son li spirti;
catun si fascia di quel ch'elli è inceso».
  «Maestro mio», rispuos'io, «per udirti
son io più certo; ma già m'era avviso
che così fosse, e già voleva dirti:
  chi è 'n quel foco che vien sì diviso
di sopra, che par surger de la pira
dov'Eteòcle col fratel fu miso?».
  Rispuose a me: «Là dentro si martira
Ulisse e Diomede, e così insieme
a la vendetta vanno come a l'ira;
  e dentro da la lor fiamma si geme
l'agguato del caval che fé la porta
onde uscì de' Romani il gentil seme.
  Piangevisi entro l'arte per che, morta,
Deidamìa ancor si duol d'Achille,
e del Palladio pena vi si porta».
  «S'ei posson dentro da quelle faville
parlar», diss'io, «maestro, assai ten priego
e ripriego, che 'l priego vaglia mille,
  che non mi facci de l'attender niego
fin che la fiamma cornuta qua vegna;
vedi che del disio ver' lei mi piego!».
  Ed elli a me: «La tua preghiera è degna
di molta loda, e io però l'accetto;
ma fa che la tua lingua si sostegna.
  Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto
ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi,
perch'e' fuor greci, forse del tuo detto».
  Poi che la fiamma fu venuta quivi
dove parve al mio duca tempo e loco,
in questa forma lui parlare audivi:
  «O voi che siete due dentro ad un foco,
s'io meritai di voi mentre ch'io vissi,
s'io meritai di voi assai o poco
  quando nel mondo li alti versi scrissi,
non vi movete; ma l'un di voi dica
dove, per lui, perduto a morir gissi».
  Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando
pur come quella cui vento affatica;
  indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori, e disse: «Quando
  mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse,
  né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopé far lieta,
  vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto,
e de li vizi umani e del valore;
  ma misi me per l'alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
  L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
e l'altre che quel mare intorno bagna.
  Io e ' compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov'Ercule segnò li suoi riguardi,
  acciò che l'uom più oltre non si metta:
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l'altra già m'avea lasciata Setta.
  O frati, dissi che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia
  d'i nostri sensi ch'è del rimanente,
non vogliate negar l'esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
  Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
  Li miei compagni fec'io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
  e volta nostra poppa nel mattino,
de' remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
  Tutte le stelle già de l'altro polo
vedea la notte e 'l nostro tanto basso,
che non surgea fuor del marin suolo.
  Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,
  quando n'apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avea alcuna.
  Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.
  Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com'altrui piacque,
  infin che 'l mar fu sovra noi richiuso».

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  Rejoice, O Florence, since thou art so great,
That over sea and land thou beatest thy wings,
And throughout Hell thy name is spread abroad!
  Among the thieves five citizens of thine
Like these I found, whence shame comes unto me,
And thou thereby to no great honour risest.
  But if when morn is near our dreams are true,
Feel shalt thou in a little time from now
What Prato, if none other, craves for thee.
  And if it now were, it were not too soon;
Would that it were, seeing it needs must be,
For 'twill aggrieve me more the more I age.
  We went our way, and up along the stairs
The bourns had made us to descend before,
Remounted my Conductor and drew me.
  And following the solitary path
Among the rocks and ridges of the crag,
The foot without the hand sped not at all.
  Then sorrowed I, and sorrow now again,
When I direct my mind to what I saw,
And more my genius curb than I am wont,
  That it may run not unless virtue guide it;
So that if some good star, or better thing,
Have given me good, I may myself not grudge it.
  As many as the hind (who on the hill
Rests at the time when he who lights the world
His countenance keeps least concealed from us,
  While as the fly gives place unto the gnat)
Seeth the glow-worms down along the valley,
Perchance there where he ploughs and makes his vintage;
  With flames as manifold resplendent all
Was the eighth Bolgia, as I grew aware
As soon as I was where the depth appeared.
  And such as he who with the bears avenged him
Beheld Elijah's chariot at departing,
What time the steeds to heaven erect uprose,
  For with his eye he could not follow it
So as to see aught else than flame alone,
Even as a little cloud ascending upward,
  Thus each along the gorge of the intrenchment
Was moving; for not one reveals the theft,
And every flame a sinner steals away.
  I stood upon the bridge uprisen to see,
So that, if I had seized not on a rock,
Down had I fallen without being pushed.
  And the Leader, who beheld me so attent,
Exclaimed: “Within the fires the spirits are;
Each swathes himself with that wherewith he burns”.
  “My Master”, I replied, “by hearing thee
I am more sure; but I surmised already
It might be so, and already wished to ask thee
  Who is within that fire, which comes so cleft
At top, it seems uprising from the pyre
Where was Eteocles with his brother placed”.
  He answered me: “Within there are tormented
Ulysses and Diomed, and thus together
They unto vengeance run as unto wrath.
  And there within their flame do they lament
The ambush of the horse, which made the door
Whence issued forth the Romans' gentle seed;
  Therein is wept the craft, for which being dead
Deidamia still deplores Achilles,
And pain for the Palladium there is borne”.
  “If they within those sparks possess the power
To speak”, I said, “thee, Master, much I pray,
And re-pray, that the prayer be worth a thousand,
  That thou make no denial of awaiting
Until the horned flame shall hither come;
Thou seest that with desire I lean towards it”.
  And he to me: “Worthy is thy entreaty
Of much applause, and therefore I accept it;
But take heed that thy tongue restrain itself.
  Leave me to speak, because I have conceived
That which thou wishest; for they might disdain
Perchance, since they were Greeks, discourse of thine”.
  When now the flame had come unto that point,
Where to my Leader it seemed time and place,
After this fashion did I hear him speak:
  “O ye, who are twofold within one fire,
If I deserved of you, while I was living,
If I deserved of you or much or little
  When in the world I wrote the lofty verses,
Do not move on, but one of you declare
Whither, being lost, he went away to die”.
  Then of the antique flame the greater horn,
Murmuring, began to wave itself about
Even as a flame doth which the wind fatigues.
  Thereafterward, the summit to and fro
Moving as if it were the tongue that spake,
It uttered forth a voice, and said: “When I
  From Circe had departed, who concealed me
More than a year there near unto Gaeta,
Or ever yet Aeneas named it so,
  Nor fondness for my son, nor reverence
For my old father, nor the due affection
Which joyous should have made Penelope,
  Could overcome within me the desire
I had to be experienced of the world,
And of the vice and virtue of mankind;
  But I put forth on the high open sea
With one sole ship, and that small company
By which I never had deserted been.
  Both of the shores I saw as far as Spain,
Far as Morocco, and the isle of Sardes,
And the others which that sea bathes round about.
  I and my company were old and slow
When at that narrow passage we arrived
Where Hercules his landmarks set as signals,
  That man no farther onward should adventure.
On the right hand behind me left I Seville,
And on the other already had left Ceuta.
  'O brothers, who amid a hundred thousand
Perils,' I said, 'have come unto the West,
To this so inconsiderable vigil
  Which is remaining of your senses still
Be ye unwilling to deny the knowledge,
Following the sun, of the unpeopled world.
  Consider ye the seed from which ye sprang;
Ye were not made to live like unto brutes,
But for pursuit of virtue and of knowledge.'
  So eager did I render my companions,
With this brief exhortation, for the voyage,
That then I hardly could have held them back.
  And having turned our stern unto the morning,
We of the oars made wings for our mad flight,
Evermore gaining on the larboard side.
  Already all the stars of the other pole
The night beheld, and ours so very low
It did not rise above the ocean floor.
  Five times rekindled and as many quenched
Had been the splendour underneath the moon,
Since we had entered into the deep pass,
  When there appeared to us a mountain, dim
From distance, and it seemed to me so high
As I had never any one beheld.
  Joyful were we, and soon it turned to weeping;
For out of the new land a whirlwind rose,
And smote upon the fore part of the ship.
  Three times it made her whirl with all the waters,
At the fourth time it made the stern uplift,
And the prow downward go, as pleased Another,
  Until the sea above us closed again”.
Canto XXVI