Taciti, soli, sanza compagnia n'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo, come frati minor vanno per via. Vòlt'era in su la favola d'Isopo lo mio pensier per la presente rissa, dov'el parlò de la rana e del topo; ché più non si pareggia 'mo' e 'issa' che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia principio e fine con la mente fissa. E come l'un pensier de l'altro scoppia, così nacque di quello un altro poi, che la prima paura mi fé doppia. Io pensava così: 'Questi per noi sono scherniti con danno e con beffa sì fatta, ch'assai credo che lor nòi. Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa, ei ne verranno dietro più crudeli che 'l cane a quella lievre ch'elli acceffa'. Già mi sentia tutti arricciar li peli de la paura e stava in dietro intento, quand'io dissi: «Maestro, se non celi te e me tostamente, i' ho pavento d'i Malebranche. Noi li avem già dietro; io li 'magino sì, che già li sento». E quei: «S'i' fossi di piombato vetro, l'imagine di fuor tua non trarrei più tosto a me, che quella dentro 'mpetro. Pur mo venieno i tuo' pensier tra ' miei, con simile atto e con simile faccia, sì che d'intrambi un sol consiglio fei. S'elli è che sì la destra costa giaccia, che noi possiam ne l'altra bolgia scendere, noi fuggirem l'imaginata caccia». Già non compié di tal consiglio rendere, ch'io li vidi venir con l'ali tese non molto lungi, per volerne prendere. Lo duca mio di sùbito mi prese, come la madre ch'al romore è desta e vede presso a sé le fiamme accese, che prende il figlio e fugge e non s'arresta, avendo più di lui che di sé cura, tanto che solo una camiscia vesta; e giù dal collo de la ripa dura supin si diede a la pendente roccia, che l'un de' lati a l'altra bolgia tura. Non corse mai sì tosto acqua per doccia a volger ruota di molin terragno, quand'ella più verso le pale approccia, come 'l maestro mio per quel vivagno, portandosene me sovra 'l suo petto, come suo figlio, non come compagno. A pena fuoro i piè suoi giunti al letto del fondo giù, ch'e' furon in sul colle sovresso noi; ma non lì era sospetto; ché l'alta provedenza che lor volle porre ministri de la fossa quinta, poder di partirs'indi a tutti tolle. Là giù trovammo una gente dipinta che giva intorno assai con lenti passi, piangendo e nel sembiante stanca e vinta. Elli avean cappe con cappucci bassi dinanzi a li occhi, fatte de la taglia che in Clugnì per li monaci fassi. Di fuor dorate son, sì ch'elli abbaglia; ma dentro tutte piombo, e gravi tanto, che Federigo le mettea di paglia. Oh in etterno faticoso manto! Noi ci volgemmo ancor pur a man manca con loro insieme, intenti al tristo pianto; ma per lo peso quella gente stanca venìa sì pian, che noi eravam nuovi di compagnia ad ogne mover d'anca. Per ch'io al duca mio: «Fa che tu trovi alcun ch'al fatto o al nome si conosca, e li occhi, sì andando, intorno movi». E un che 'ntese la parola tosca, di retro a noi gridò: «Tenete i piedi, voi che correte sì per l'aura fosca! Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi». Onde 'l duca si volse e disse: «Aspetta e poi secondo il suo passo procedi». Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta de l'animo, col viso, d'esser meco; ma tardavali 'l carco e la via stretta. Quando fuor giunti, assai con l'occhio bieco mi rimiraron sanza far parola; poi si volsero in sé, e dicean seco: «Costui par vivo a l'atto de la gola; e s'e' son morti, per qual privilegio vanno scoperti de la grave stola?». Poi disser me: «O Tosco, ch'al collegio de l'ipocriti tristi se' venuto, dir chi tu se' non avere in dispregio». E io a loro: «I' fui nato e cresciuto sovra 'l bel fiume d'Arno a la gran villa, e son col corpo ch'i' ho sempre avuto. Ma voi chi siete, a cui tanto distilla quant'i' veggio dolor giù per le guance? e che pena è in voi che sì sfavilla?». E l'un rispuose a me: «Le cappe rance son di piombo sì grosse, che li pesi fan così cigolar le lor bilance. Frati godenti fummo, e bolognesi; io Catalano e questi Loderingo nomati, e da tua terra insieme presi, come suole esser tolto un uom solingo, per conservar sua pace; e fummo tali, ch'ancor si pare intorno dal Gardingo». Io cominciai: «O frati, i vostri mali...»; ma più non dissi, ch'a l'occhio mi corse un, crucifisso in terra con tre pali. Quando mi vide, tutto si distorse, soffiando ne la barba con sospiri; e 'l frate Catalan, ch'a ciò s'accorse, mi disse: «Quel confitto che tu miri, consigliò i Farisei che convenia porre un uom per lo popolo a' martìri. Attraversato è, nudo, ne la via, come tu vedi, ed è mestier ch'el senta qualunque passa, come pesa, pria. E a tal modo il socero si stenta in questa fossa, e li altri dal concilio che fu per li Giudei mala sementa». Allor vid'io maravigliar Virgilio sovra colui ch'era disteso in croce tanto vilmente ne l'etterno essilio. Poscia drizzò al frate cotal voce: «Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci s'a la man destra giace alcuna foce onde noi amendue possiamo uscirci, sanza costrigner de li angeli neri che vegnan d'esto fondo a dipartirci». Rispuose adunque: «Più che tu non speri s'appressa un sasso che de la gran cerchia si move e varca tutt'i vallon feri, salvo che 'n questo è rotto e nol coperchia: montar potrete su per la ruina, che giace in costa e nel fondo soperchia». Lo duca stette un poco a testa china; poi disse: «Mal contava la bisogna colui che i peccator di qua uncina». E 'l frate: «Io udi' già dire a Bologna del diavol vizi assai, tra ' quali udi' ch'elli è bugiardo, e padre di menzogna». Appresso il duca a gran passi sen gì, turbato un poco d'ira nel sembiante; ond'io da li 'ncarcati mi parti' dietro a le poste de le care piante. 1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52 55 58 61 64 67 70 73 76 79 82 85 88 91 94 97 100 103 106 109 112 115 118 121 124 127 130 133 136 139 142 145 148 Silent, alone, and without company We went, the one in front, the other after, As go the Minor Friars along their way. Upon the fable of Aesop was directed My thought, by reason of the present quarrel, Where he has spoken of the frog and mouse; For 'mo' and 'issa' are not more alike Than this one is to that, if well we couple End and beginning with a steadfast mind. And even as one thought from another springs, So afterward from that was born another, Which the first fear within me double made. Thus did I ponder: “These on our account Are laughed to scorn, with injury and scoff So great, that much I think it must annoy them. If anger be engrafted on ill-will, They will come after us more merciless Than dog upon the leveret which he seizes”, I felt my hair stand all on end already With terror, and stood backwardly intent, When said I: “Master, if thou hidest not Thyself and me forthwith, of Malebranche I am in dread; we have them now behind us; I so imagine them, I already feel them”. And he: “If I were made of leaded glass, Thine outward image I should not attract Sooner to me than I imprint the inner. Just now thy thoughts came in among my own, With similar attitude and similar face, So that of both one counsel sole I made. If peradventure the right bank so slope That we to the next Bolgia can descend, We shall escape from the imagined chase”. Not yet he finished rendering such opinion, When I beheld them come with outstretched wings, Not far remote, with will to seize upon us. My Leader on a sudden seized me up, Even as a mother who by noise is wakened, And close beside her sees the enkindled flames, Who takes her son, and flies, and does not stop, Having more care of him than of herself, So that she clothes her only with a shift; And downward from the top of the hard bank Supine he gave him to the pendent rock, That one side of the other Bolgia walls. Ne'er ran so swiftly water through a sluice To turn the wheel of any land-built mill, When nearest to the paddles it approaches, As did my Master down along that border, Bearing me with him on his breast away, As his own son, and not as a companion. Hardly the bed of the ravine below His feet had reached, ere they had reached the hill Right over us; but he was not afraid; For the high Providence, which had ordained To place them ministers of the fifth moat, The power of thence departing took from all. A painted people there below we found, Who went about with footsteps very slow, Weeping and in their semblance tired and vanquished. They had on mantles with the hoods low down Before their eyes, and fashioned of the cut That in Cologne they for the monks are made. Without, they gilded are so that it dazzles; But inwardly all leaden and so heavy That Frederick used to put them on of straw. O everlastingly fatiguing mantle! Again we turned us, still to the left hand Along with them, intent on their sad plaint; But owing to the weight, that weary folk Came on so tardily, that we were new In company at each motion of the haunch. Whence I unto my Leader: “See thou find Some one who may by deed or name be known, And thus in going move thine eye about”. And one, who understood the Tuscan speech, Cried to us from behind: “Stay ye your feet, Ye, who so run athwart the dusky air! Perhaps thou'lt have from me what thou demandest”. Whereat the Leader turned him, and said: “Wait, And then according to his pace proceed”. I stopped, and two beheld I show great haste Of spirit, in their faces, to be with me; But the burden and the narrow way delayed them. When they came up, long with an eye askance They scanned me without uttering a word. Then to each other turned, and said together: “He by the action of his throat seems living; And if they dead are, by what privilege Go they uncovered by the heavy stole?”. Then said to me: “Tuscan, who to the college Of miserable hypocrites art come, Do not disdain to tell us who thou art”. And I to them: “Born was I, and grew up In the great town on the fair river of Arno, And with the body am I've always had. But who are ye, in whom there trickles down Along your cheeks such grief as I behold? And what pain is upon you, that so sparkles?”. And one replied to me: “These orange cloaks Are made of lead so heavy, that the weights Cause in this way their balances to creak. Frati Gaudenti were we, and Bolognese; I Catalano, and he Loderingo Named, and together taken by thy city, As the wont is to take one man alone, For maintenance of its peace; and we were such That still it is apparent round Gardingo”. “O Friars”, began I, “your iniquitous. . ”. But said no more; for to mine eyes there rushed One crucified with three stakes on the ground. When me he saw, he writhed himself all over, Blowing into his beard with suspirations; And the Friar Catalan, who noticed this, Said to me: “This transfixed one, whom thou seest, Counselled the Pharisees that it was meet To put one man to torture for the people. Crosswise and naked is he on the path, As thou perceivest; and he needs must feel, Whoever passes, first how much he weighs; And in like mode his father-in-law is punished Within this moat, and the others of the council, Which for the Jews was a malignant seed”. And thereupon I saw Virgilius marvel O'er him who was extended on the cross So vilely in eternal banishment. Then he directed to the Friar this voice: “Be not displeased, if granted thee, to tell us If to the right hand any pass slope down By which we two may issue forth from here, Without constraining some of the black angels To come and extricate us from this deep”. Then he made answer: “Nearer than thou hopest There is a rock, that forth from the great circle Proceeds, and crosses all the cruel valleys, Save that at this 'tis broken, and does not bridge it; You will be able to mount up the ruin, That sidelong slopes and at the bottom rises”. The Leader stood awhile with head bowed down; Then said: “The business badly he recounted Who grapples with his hook the sinners yonder”. And the Friar: “Many of the Devil's vices Once heard I at Bologna, and among them, That he's a liar and the father of lies”. Thereat my Leader with great strides went on, Somewhat disturbed with anger in his looks; Whence from the heavy-laden I departed After the prints of his beloved feet. Canto XXIII
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