Ora sen va per un secreto calle, tra 'l muro de la terra e li martìri, lo mio maestro, e io dopo le spalle. «O virtù somma, che per li empi giri mi volvi», cominciai, «com'a te piace, parlami, e sodisfammi a' miei disiri. La gente che per li sepolcri giace potrebbesi veder? già son levati tutt'i coperchi, e nessun guardia face». E quelli a me: «Tutti saran serrati quando di Iosafàt qui torneranno coi corpi che là sù hanno lasciati. Suo cimitero da questa parte hanno con Epicuro tutti suoi seguaci, che l'anima col corpo morta fanno. Però a la dimanda che mi faci quinc'entro satisfatto sarà tosto, e al disio ancor che tu mi taci». E io: «Buon duca, non tegno riposto a te mio cuor se non per dicer poco, e tu m'hai non pur mo a ciò disposto». «O Tosco che per la città del foco vivo ten vai così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco. La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil patria natio a la qual forse fui troppo molesto». Subitamente questo suono uscìo d'una de l'arche; però m'accostai, temendo, un poco più al duca mio. Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai? Vedi là Farinata che s'è dritto: da la cintola in sù tutto 'l vedrai». Io avea già il mio viso nel suo fitto; ed el s'ergea col petto e con la fronte com'avesse l'inferno a gran dispitto. E l'animose man del duca e pronte mi pinser tra le sepulture a lui, dicendo: «Le parole tue sien conte». Com'io al piè de la sua tomba fui, guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso, mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?». Io ch'era d'ubidir disideroso, non gliel celai, ma tutto gliel'apersi; ond'ei levò le ciglia un poco in suso; poi disse: «Fieramente furo avversi a me e a miei primi e a mia parte, sì che per due fiate li dispersi». «S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte», rispuos'io lui, «l'una e l'altra fiata; ma i vostri non appreser ben quell'arte». Allor surse a la vista scoperchiata un'ombra, lungo questa, infino al mento: credo che s'era in ginocchie levata. Dintorno mi guardò, come talento avesse di veder s'altri era meco; e poi che 'l sospecciar fu tutto spento, piangendo disse: «Se per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno, mio figlio ov'è? e perché non è teco?». E io a lui: «Da me stesso non vegno: colui ch'attende là, per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno». Le sue parole e 'l modo de la pena m'avean di costui già letto il nome; però fu la risposta così piena. Di subito drizzato gridò: «Come? dicesti elli ebbe? non viv'elli ancora? non fiere li occhi suoi lo dolce lume?». Quando s'accorse d'alcuna dimora ch'io facea dinanzi a la risposta, supin ricadde e più non parve fora. Ma quell'altro magnanimo, a cui posta restato m'era, non mutò aspetto, né mosse collo, né piegò sua costa: e sé continuando al primo detto, «S'elli han quell'arte», disse, «male appresa, ciò mi tormenta più che questo letto. Ma non cinquanta volte fia raccesa la faccia de la donna che qui regge, che tu saprai quanto quell'arte pesa. E se tu mai nel dolce mondo regge, dimmi: perché quel popolo è sì empio incontr'a' miei in ciascuna sua legge?». Ond'io a lui: «Lo strazio e 'l grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso, tal orazion fa far nel nostro tempio». Poi ch'ebbe sospirando il capo mosso, «A ciò non fu' io sol», disse, «né certo sanza cagion con li altri sarei mosso. Ma fu' io solo, là dove sofferto fu per ciascun di tòrre via Fiorenza, colui che la difesi a viso aperto». «Deh, se riposi mai vostra semenza», prega' io lui, «solvetemi quel nodo che qui ha 'nviluppata mia sentenza. El par che voi veggiate, se ben odo, dinanzi quel che 'l tempo seco adduce, e nel presente tenete altro modo». «Noi veggiam, come quei c'ha mala luce, le cose», disse, «che ne son lontano; cotanto ancor ne splende il sommo duce. Quando s'appressano o son, tutto è vano nostro intelletto; e s'altri non ci apporta, nulla sapem di vostro stato umano. Però comprender puoi che tutta morta fia nostra conoscenza da quel punto che del futuro fia chiusa la porta». Allor, come di mia colpa compunto, dissi: «Or direte dunque a quel caduto che 'l suo nato è co'vivi ancor congiunto; e s'i' fui, dianzi, a la risposta muto, fate i saper che 'l fei perché pensava già ne l'error che m'avete soluto». E già 'l maestro mio mi richiamava; per ch'i' pregai lo spirto più avaccio che mi dicesse chi con lu' istava. Dissemi: «Qui con più di mille giaccio: qua dentro è 'l secondo Federico, e 'l Cardinale; e de li altri mi taccio». Indi s'ascose; e io inver' l'antico poeta volsi i passi, ripensando a quel parlar che mi parea nemico. Elli si mosse; e poi, così andando, mi disse: «Perché se' tu sì smarrito?». E io li sodisfeci al suo dimando. «La mente tua conservi quel ch'udito hai contra te», mi comandò quel saggio. «E ora attendi qui», e drizzò 'l dito: «quando sarai dinanzi al dolce raggio di quella il cui bell'occhio tutto vede, da lei saprai di tua vita il viaggio». Appresso mosse a man sinistra il piede: lasciammo il muro e gimmo inver' lo mezzo per un sentier ch'a una valle fiede, che 'nfin là sù facea spiacer suo lezzo. 1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52 55 58 61 64 67 70 73 76 79 82 85 88 91 94 97 100 103 106 109 112 115 118 121 124 127 130 133 136 Now onward goes, along a narrow path Between the torments and the city wall, My Master, and I follow at his back. “O power supreme, that through these impious circles Turnest me”, I began, “as pleases thee, Speak to me, and my longings satisfy; The people who are lying in these tombs, Might they be seen? already are uplifted The covers all, and no one keepeth guard”. And he to me: “They all will be closed up When from Jehoshaphat they shall return Here with the bodies they have left above. Their cemetery have upon this side With Epicurus all his followers, Who with the body mortal make the soul; But in the question thou dost put to me, Within here shalt thou soon be satisfied, And likewise in the wish thou keepest silent”. And I: “Good Leader, I but keep concealed From thee my heart, that I may speak the less, Nor only now hast thou thereto disposed me”. “O Tuscan, thou who through the city of fire Goest alive, thus speaking modestly, Be pleased to stay thy footsteps in this place. Thy mode of speaking makes thee manifest A native of that noble fatherland, To which perhaps I too molestful was”. Upon a sudden issued forth this sound From out one of the tombs; wherefore I pressed, Fearing, a little nearer to my Leader. And unto me he said: “Turn thee; what dost thou? Behold there Farinata who has risen; From the waist upwards wholly shalt thou see him”. I had already fixed mine eyes on his, And he uprose erect with breast and front E'en as if Hell he had in great despite. And with courageous hands and prompt my Leader Thrust me between the sepulchres towards him, Exclaiming, “Let thy words explicit be”. As soon as I was at the foot of his tomb Somewhat he eyed me, and, as if disdainful, Then asked of me, “Who were thine ancestors?”. I, who desirous of obeying was, Concealed it not, but all revealed to him; Whereat he raised his brows a little upward. Then said he: “Fiercely adverse have they been To me, and to my fathers, and my party; So that two several times I scattered them”. “If they were banished, they returned on all sides”, I answered him, “the first time and the second; But yours have not acquired that art aright”. Then there uprose upon the sight, uncovered Down to the chin, a shadow at his side; I think that he had risen on his knees. Round me he gazed, as if solicitude He had to see if some one else were with me, But after his suspicion was all spent, Weeping, he said to me: “If through this blind Prison thou goest by loftiness of genius, Where is my son? and why is he not with thee?”. And I to him: “I come not of myself; He who is waiting yonder leads me here, Whom in disdain perhaps your Guido had”. His language and the mode of punishment Already unto me had read his name; On that account my answer was so full. Up starting suddenly, he cried out: “How Saidst thou,--he had? Is he not still alive? Does not the sweet light strike upon his eyes?”. When he became aware of some delay, Which I before my answer made, supine He fell again, and forth appeared no more. But the other, magnanimous, at whose desire I had remained, did not his aspect change, Neither his neck he moved, nor bent his side. “And if”, continuing his first discourse, “They have that art”, he said, “not learned aright, That more tormenteth me, than doth this bed. But fifty times shall not rekindled be The countenance of the Lady who reigns here, Ere thou shalt know how heavy is that art; And as thou wouldst to the sweet world return, Say why that people is so pitiless Against my race in each one of its laws?”. Whence I to him: “The slaughter and great carnage Which have with crimson stained the Arbia, cause Such orisons in our temple to be made”. After his head he with a sigh had shaken, “There I was not alone”, he said, “nor surely Without a cause had with the others moved. But there I was alone, where every one Consented to the laying waste of Florence, He who defended her with open face”. “Ah! so hereafter may your seed repose”, I him entreated, “solve for me that knot, Which has entangled my conceptions here. It seems that you can see, if I hear rightly, Beforehand whatsoe'er time brings with it, And in the present have another mode”. “We see, like those who have imperfect sight, The things”, he said, “that distant are from us; So much still shines on us the Sovereign Ruler. When they draw near, or are, is wholly vain Our intellect, and if none brings it to us, Not anything know we of your human state. Hence thou canst understand, that wholly dead Will be our knowledge from the moment when The portal of the future shall be closed”. Then I, as if compunctious for my fault, Said: “Now, then, you will tell that fallen one, That still his son is with the living joined. And if just now, in answering, I was dumb, Tell him I did it because I was thinking Already of the error you have solved me”. And now my Master was recalling me, Wherefore more eagerly I prayed the spirit That he would tell me who was with him there. He said: “With more than a thousand here I lie; Within here is the second Frederick, And the Cardinal, and of the rest I speak not”. Thereon he hid himself; and I towards The ancient poet turned my steps, reflecting Upon that saying, which seemed hostile to me. He moved along; and afterward thus going, He said to me, “Why art thou so bewildered?”. And I in his inquiry satisfied him. “Let memory preserve what thou hast heard Against thyself”, that Sage commanded me, “And now attend here”; and he raised his finger. “When thou shalt be before the radiance sweet Of her whose beauteous eyes all things behold, From her thou'lt know the journey of thy life”. Unto the left hand then he turned his feet; We left the wall, and went towards the middle, Along a path that strikes into a valley, Which even up there unpleasant made its stench. Canto X
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