Castello del Buonconsiglio di Trento
La costruzione iniziò a partire dal sec. XII, sul sito di un precedente castrum romano, con progressivi rimaneggiamenti ed aggiunte di nuove strutture, risalenti a secoli diversi,
attraverso un processo di aggregazione edilizia che ne fa uno dei più grandi complessi fortificati delle Alpi.
Il nome di Buonconsiglio venne adottato modificando l'originaria denominazione, Malconsey, del rilievo roccioso su cui è ubicato il castello.
Residenza dei principi vescovi di Trento, dal sec. XIII fino alla fine del sec. XVIII, vi si possono distinguere tre nuclei principali: Castelvecchio, in stile medievale (romanico-gotico),
caratterizzato da un possente torrione cilindrico; il Magno Palazzo, voluto dal cardinale Bernardo Cles, che riflette nell'architettura le influenze rinascimentali; infine la seicentesca Giunta Albertiana,
dovuta al vescovo Francesco Alberto Poia, che collega le due ali precedenti.
Dopo l'invasione delle truppe napoleoniche, nel 1796, e la successiva annessione del Principato Vescovile di Trento alla Contea del Tirolo, il Buonconsiglio si ridusse, da sede di rappresentanza,
a caserma militare austriaca.
Passato allo Stato Italiano al termine della Prima Guerra Mondiale, ed alla Provincia autonoma di Trento nel 1974, fa attualmente parte del sistema museale dei monumenti e delle collezioni
d'arte provinciali.
Gli interni ospitano cicli di affreschi di grande importanza.
Alla fine del Trecento risale il Ciclo dei Mesi di Torre Aquila, straordinario esempio di pittura tardo-gotica, tra i più significativi d'Europa.
Il ciclo si articola in diversi riquadri, uno per ogni mese dell'anno: ogni riquadro, delimitato da colonnine tortili, mostra rappresentazioni di vita aristocratica, seguendo modelli
del linguaggio cortese, ma anche attività agricole e pastorali della popolazione rurale, all'alternarsi delle stagioni.
Nel Magno Palazzo si dispiega invece la decorazione rinascimentale realizzata dai fratelli Dosso e Battista Dossi, da Marcello Fogolino e da Gerolamo Romanino.
Ai Dossi furono affidate, in particolare, la Sala Grande, la Sala degli Specchi, la Camera del Camin Nero, la Stua della Famea (refettorio) e la Biblioteca.
Al Romanino si deve la magnifica decorazione della Loggia del Cortile dei Leoni, arioso ambiente centrale di comunicazione fra le varie parti del palazzo, in cui l'artista realizzò,
tra gli spazi architettonici della volta, uno dei cicli pittorici più originali e suggestivi del Rinascimento, alternando scene a tema profano, con episodi mitologici e di storia romana, ad altre
di argomento sacro, su soggetti biblici.