Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  La concubina di Titone antico
già s'imbiancava al balco d'oriente,
fuor de le braccia del suo dolce amico;
  di gemme la sua fronte era lucente,
poste in figura del freddo animale
che con la coda percuote la gente;
  e la notte, de' passi con che sale,
fatti avea due nel loco ov'eravamo,
e 'l terzo già chinava in giuso l'ale;
  quand'io, che meco avea di quel d'Adamo,
vinto dal sonno, in su l'erba inchinai
là 've già tutti e cinque sedavamo.
  Ne l'ora che comincia i tristi lai
la rondinella presso a la mattina,
forse a memoria de' suo' primi guai,
  e che la mente nostra, peregrina
più da la carne e men da' pensier presa,
a le sue vision quasi è divina,
  in sogno mi parea veder sospesa
un'aguglia nel ciel con penne d'oro,
con l'ali aperte e a calare intesa;
  ed esser mi parea là dove fuoro
abbandonati i suoi da Ganimede,
quando fu ratto al sommo consistoro.
  Fra me pensava: 'Forse questa fiede
pur qui per uso, e forse d'altro loco
disdegna di portarne suso in piede'.
  Poi mi parea che, poi rotata un poco,
terribil come folgor discendesse,
e me rapisse suso infino al foco.
  Ivi parea che ella e io ardesse;
e sì lo 'ncendio imaginato cosse,
che convenne che 'l sonno si rompesse.
  Non altrimenti Achille si riscosse,
li occhi svegliati rivolgendo in giro
e non sappiendo là dove si fosse,
  quando la madre da Chirón a Schiro
trafuggò lui dormendo in le sue braccia,
là onde poi li Greci il dipartiro;
  che mi scoss'io, sì come da la faccia
mi fuggì 'l sonno, e diventa' ismorto,
come fa l'uom che, spaventato, agghiaccia.
  Dallato m'era solo il mio conforto,
e 'l sole er'alto già più che due ore,
e 'l viso m'era a la marina torto.
  «Non aver tema», disse il mio segnore;
«fatti sicur, ché noi semo a buon punto;
non stringer, ma rallarga ogne vigore.
  Tu se' omai al purgatorio giunto:
vedi là il balzo che 'l chiude dintorno;
vedi l'entrata là 've par digiunto.
  Dianzi, ne l'alba che procede al giorno,
quando l'anima tua dentro dormia,
sovra li fiori ond'è là giù addorno
  venne una donna, e disse: I' son Lucia;
lasciatemi pigliar costui che dorme;
sì l'agevolerò per la sua via.
  Sordel rimase e l'altre genti forme;
ella ti tolse, e come 'l dì fu chiaro,
sen venne suso; e io per le sue orme.
  Qui ti posò, ma pria mi dimostraro
li occhi suoi belli quella intrata aperta;
poi ella e 'l sonno ad una se n'andaro».
  A guisa d'uom che 'n dubbio si raccerta
e che muta in conforto sua paura,
poi che la verità li è discoperta,
  mi cambia' io; e come sanza cura
vide me 'l duca mio, su per lo balzo
si mosse, e io di rietro inver' l'altura.
  Lettor, tu vedi ben com'io innalzo
la mia matera, e però con più arte
non ti maravigliar s'io la rincalzo.
  Noi ci appressammo, ed eravamo in parte,
che là dove pareami prima rotto,
pur come un fesso che muro diparte,
  vidi una porta, e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
e un portier ch'ancor non facea motto.
  E come l'occhio più e più v'apersi,
vidil seder sovra 'l grado sovrano,
tal ne la faccia ch'io non lo soffersi;
  e una spada nuda avea in mano,
che reflettea i raggi sì ver' noi,
ch'io drizzava spesso il viso in vano.
  «Dite costinci: che volete voi?»,
cominciò elli a dire, «ov'è la scorta?
Guardate che 'l venir sù non vi nòi».
  «Donna del ciel, di queste cose accorta»,
rispuose 'l mio maestro a lui, «pur dianzi
ne disse: Andate là: quivi è la porta».
  «Ed ella i passi vostri in bene avanzi»,
ricominciò il cortese portinaio:
«Venite dunque a' nostri gradi innanzi».
  Là ne venimmo; e lo scaglion primaio
bianco marmo era sì pulito e terso,
ch'io mi specchiai in esso qual io paio.
  Era il secondo tinto più che perso,
d'una petrina ruvida e arsiccia,
crepata per lo lungo e per traverso.
  Lo terzo, che di sopra s'ammassiccia,
porfido mi parea, sì fiammeggiante,
come sangue che fuor di vena spiccia.
  Sovra questo tenea ambo le piante
l'angel di Dio, sedendo in su la soglia,
che mi sembiava pietra di diamante.
  Per li tre gradi sù di buona voglia
mi trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi
umilemente che 'l serrame scioglia».
  Divoto mi gittai a' santi piedi;
misericordia chiesi e ch'el m'aprisse,
ma tre volte nel petto pria mi diedi.
  Sette P ne la fronte mi descrisse
col punton de la spada, e «Fa che lavi,
quando se' dentro, queste piaghe», disse.
  Cenere, o terra che secca si cavi,
d'un color fora col suo vestimento;
e di sotto da quel trasse due chiavi.
  L'una era d'oro e l'altra era d'argento;
pria con la bianca e poscia con la gialla
fece a la porta sì, ch'i' fu' contento.
  «Quandunque l'una d'este chiavi falla,
che non si volga dritta per la toppa»,
diss'elli a noi, «non s'apre questa calla.
  Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa
d'arte e d'ingegno avanti che diserri,
perch'ella è quella che 'l nodo digroppa.
  Da Pier le tegno; e dissemi ch'i' erri
anzi ad aprir ch'a tenerla serrata,
pur che la gente a' piedi mi s'atterri».
  Poi pinse l'uscio a la porta sacrata,
dicendo: «Intrate; ma facciovi accorti
che di fuor torna chi 'n dietro si guata».
  E quando fuor ne' cardini distorti
li spigoli di quella regge sacra,
che di metallo son sonanti e forti,
  non rugghiò sì né si mostrò sì acra
Tarpea, come tolto le fu il buono
Metello, per che poi rimase macra.
  Io mi rivolsi attento al primo tuono,
e 'Te Deum laudamus' mi parea
udire in voce mista al dolce suono.
  Tale imagine a punto mi rendea
ciò ch'io udiva, qual prender si suole
quando a cantar con organi si stea;
  ch'or sì or no s'intendon le parole.

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  The concubine of old Tithonus now
Gleamed white upon the eastern balcony,
Forth from the arms of her sweet paramour;
  With gems her forehead all relucent was,
Set in the shape of that cold animal
Which with its tail doth smite amain the nations,
  And of the steps, with which she mounts, the Night
Had taken two in that place where we were,
And now the third was bending down its wings;
  When I, who something had of Adam in me,
Vanquished by sleep, upon the grass reclined,
There were all five of us already sat.
  Just at the hour when her sad lay begins
The little swallow, near unto the morning,
Perchance in memory of her former woes,
  And when the mind of man, a wanderer
More from the flesh, and less by thought imprisoned,
Almost prophetic in its visions is,
  In dreams it seemed to me I saw suspended
An eagle in the sky, with plumes of gold,
With wings wide open, and intent to stoop,
  And this, it seemed to me, was where had been
By Ganymede his kith and kin abandoned,
When to the high consistory he was rapt.
  I thought within myself, perchance he strikes
From habit only here, and from elsewhere
Disdains to bear up any in his feet.
  Then wheeling somewhat more, it seemed to me,
Terrible as the lightning he descended,
And snatched me upward even to the fire.
  Therein it seemed that he and I were burning,
And the imagined fire did scorch me so,
That of necessity my sleep was broken.
  Not otherwise Achilles started up,
Around him turning his awakened eyes,
And knowing not the place in which he was,
  What time from Chiron stealthily his mother
Carried him sleeping in her arms to Scyros,
Wherefrom the Greeks withdrew him afterwards,
  Than I upstarted, when from off my face
Sleep fled away; and pallid I became,
As doth the man who freezes with affright.
  Only my Comforter was at my side,
And now the sun was more than two hours high,
And turned towards the sea-shore was my face.
  “Be not intimidated”, said my Lord,
“Be reassured, for all is well with us;
Do not restrain, but put forth all thy strength.
  Thou hast at length arrived at Purgatory;
See there the cliff that closes it around;
See there the entrance, where it seems disjoined.
  Whilom at dawn, which doth precede the day,
When inwardly thy spirit was asleep
Upon the flowers that deck the land below,
  There came a Lady and said: 'I am Lucia;
Let me take this one up, who is asleep;
So will I make his journey easier for him.'
  Sordello and the other noble shapes
Remained; she took thee, and, as day grew bright,
Upward she came, and I upon her footsteps.
  She laid thee here; and first her beauteous eyes
That open entrance pointed out to me;
Then she and sleep together went away”.
  In guise of one whose doubts are reassured,
And who to confidence his fear doth change,
After the truth has been discovered to him,
  So did I change; and when without disquiet
My Leader saw me, up along the cliff
He moved, and I behind him, tow'rd the height.
  Reader, thou seest well how I exalt
My theme, and therefore if with greater art
I fortify it, marvel not thereat.
  Nearer approached we, and were in such place,
That there, where first appeared to me a rift
Like to a crevice that disparts a wall,
  I saw a portal, and three stairs beneath,
Diverse in colour, to go up to it,
And a gate-keeper, who yet spake no word.
  And as I opened more and more mine eyes,
I saw him seated on the highest stair,
Such in the face that I endured it not.
  And in his hand he had a naked sword,
Which so reflected back the sunbeams tow'rds us,
That oft in vain I lifted up mine eyes.
  “Tell it from where you are, what is't you wish?”.
Began he to exclaim; “where is the escort?
Take heed your coming hither harm you not!”.
  “A Lady of Heaven, with these things conversant”,
My Master answered him, “but even now
Said to us, 'Thither go; there is the portal.'”
  “And may she speed your footsteps in all good”,
Again began the courteous janitor;
“Come forward then unto these stairs of ours”.
  Thither did we approach; and the first stair
Was marble white, so polished and so smooth,
I mirrored myself therein as I appear.
  The second, tinct of deeper hue than perse,
Was of a calcined and uneven stone,
Cracked all asunder lengthwise and across.
  The third, that uppermost rests massively,
Porphyry seemed to me, as flaming red
As blood that from a vein is spirting forth.
  Both of his feet was holding upon this
The Angel of God, upon the threshold seated,
Which seemed to me a stone of diamond.
  Along the three stairs upward with good will
Did my Conductor draw me, saying: “Ask
Humbly that he the fastening may undo”.
  Devoutly at the holy feet I cast me,
For mercy's sake besought that he would open,
But first upon my breast three times I smote.
  Seven P's upon my forehead he described
With the sword's point, and, “Take heed that thou wash
These wounds, when thou shalt be within”, he said.
  Ashes, or earth that dry is excavated,
Of the same colour were with his attire,
And from beneath it he drew forth two keys.
  One was of gold, and the other was of silver;
First with the white, and after with the yellow,
Plied he the door, so that I was content.
  “Whenever faileth either of these keys
So that it turn not rightly in the lock”,
He said to us, “this entrance doth not open.
  More precious one is, but the other needs
More art and intellect ere it unlock,
For it is that which doth the knot unloose.
  From Peter I have them; and he bade me err
Rather in opening than in keeping shut,
If people but fall down before my feet”.
  Then pushed the portals of the sacred door,
Exclaiming: “Enter; but I give you warning
That forth returns whoever looks behind”.
  And when upon their hinges were turned round
The swivels of that consecrated gate,
Which are of metal, massive and sonorous,
  Roared not so loud, nor so discordant seemed
Tarpeia, when was ta'en from it the good
Metellus, wherefore meagre it remained.
  At the first thunder-peal I turned attentive,
And “Te Deum laudamus” seemed to hear
In voices mingled with sweet melody.
  Exactly such an image rendered me
That which I heard, as we are wont to catch,
When people singing with the organ stand;
  For now we hear, and now hear not, the words.
Canto IX