Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Io era già da quell'ombre partito,
e seguitava l'orme del mio duca,
quando di retro a me, drizzando 'l dito,
  una gridò: «Ve' che non par che luca
lo raggio da sinistra a quel di sotto,
e come vivo par che si conduca!».
  Li occhi rivolsi al suon di questo motto,
e vidile guardar per maraviglia
pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto.
  «Perché l'animo tuo tanto s'impiglia»,
disse 'l maestro, «che l'andare allenti?
che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
  Vien dietro a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti;
  ché sempre l'omo in cui pensier rampolla
sovra pensier, da sé dilunga il segno,
perché la foga l'un de l'altro insolla».
  Che potea io ridir, se non «Io vegno»?
Dissilo, alquanto del color consperso
che fa l'uom di perdon talvolta degno.
  E 'ntanto per la costa di traverso
venivan genti innanzi a noi un poco,
cantando 'Miserere' a verso a verso.
  Quando s'accorser ch'i' non dava loco
per lo mio corpo al trapassar d'i raggi,
mutar lor canto in un «oh!» lungo e roco;
  e due di loro, in forma di messaggi,
corsero incontr'a noi e dimandarne:
«Di vostra condizion fatene saggi».
  E 'l mio maestro: «Voi potete andarne
e ritrarre a color che vi mandaro
che 'l corpo di costui è vera carne.
  Se per veder la sua ombra restaro,
com'io avviso, assai è lor risposto:
fàccianli onore, ed essere può lor caro».
  Vapori accesi non vid'io sì tosto
di prima notte mai fender sereno,
né, sol calando, nuvole d'agosto,
  che color non tornasser suso in meno;
e, giunti là, con li altri a noi dier volta
come schiera che scorre sanza freno.
  «Questa gente che preme a noi è molta,
e vegnonti a pregar», disse 'l poeta:
«però pur va, e in andando ascolta».
  «O anima che vai per esser lieta
con quelle membra con le quai nascesti»,
venian gridando, «un poco il passo queta.
  Guarda s'alcun di noi unqua vedesti,
sì che di lui di là novella porti:
deh, perché vai? deh, perché non t'arresti?
  Noi fummo tutti già per forza morti,
e peccatori infino a l'ultima ora;
quivi lume del ciel ne fece accorti,
  sì che, pentendo e perdonando, fora
di vita uscimmo a Dio pacificati,
che del disio di sé veder n'accora».
  E io: «Perché ne' vostri visi guati,
non riconosco alcun; ma s'a voi piace
cosa ch'io possa, spiriti ben nati,
  voi dite, e io farò per quella pace
che, dietro a' piedi di sì fatta guida
di mondo in mondo cercar mi si face».
  E uno incominciò: «Ciascun si fida
del beneficio tuo sanza giurarlo,
pur che 'l voler nonpossa non ricida.
  Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo,
ti priego, se mai vedi quel paese
che siede tra Romagna e quel di Carlo,
  che tu mi sie di tuoi prieghi cortese
in Fano, sì che ben per me s'adori
pur ch'i' possa purgar le gravi offese.
  Quindi fu' io; ma li profondi fóri
ond'uscì 'l sangue in sul quale io sedea,
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,
  là dov'io più sicuro esser credea:
quel da Esti il fé far, che m'avea in ira
assai più là che dritto non volea.
  Ma s'io fosse fuggito inver' la Mira,
quando fu' sovragiunto ad Oriaco,
ancor sarei di là dove si spira.
  Corsi al palude, e le cannucce e 'l braco
m'impigliar sì ch'i' caddi; e lì vid'io
de le mie vene farsi in terra laco».
  Poi disse un altro: «Deh, se quel disio
si compia che ti tragge a l'alto monte,
con buona pietate aiuta il mio!
  Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
Giovanna o altri non ha di me cura;
per ch'io vo tra costor con bassa fronte».
  E io a lui: «Qual forza o qual ventura
ti traviò sì fuor di Campaldino,
che non si seppe mai tua sepultura?».
  «Oh!», rispuos'elli, «a piè del Casentino
traversa un'acqua c'ha nome l'Archiano,
che sovra l'Ermo nasce in Apennino.
  Là 've 'l vocabol suo diventa vano,
arriva' io forato ne la gola,
fuggendo a piede e sanguinando il piano.
  Quivi perdei la vista e la parola
nel nome di Maria fini', e quivi
caddi, e rimase la mia carne sola.
  Io dirò vero e tu 'l ridì tra ' vivi:
l'angel di Dio mi prese, e quel d'inferno
gridava: O tu del ciel, perché mi privi?
  Tu te ne porti di costui l'etterno
per una lagrimetta che 'l mi toglie;
ma io farò de l'altro altro governo!.
  Ben sai come ne l'aere si raccoglie
quell'umido vapor che in acqua riede,
tosto che sale dove 'l freddo il coglie.
  Giunse quel mal voler che pur mal chiede
con lo 'ntelletto, e mosse il fummo e 'l vento
per la virtù che sua natura diede.
  Indi la valle, come 'l dì fu spento,
da Pratomagno al gran giogo coperse
di nebbia; e 'l ciel di sopra fece intento,
  sì che 'l pregno aere in acqua si converse;
la pioggia cadde e a' fossati venne
di lei ciò che la terra non sofferse;
  e come ai rivi grandi si convenne,
ver' lo fiume real tanto veloce
si ruinò, che nulla la ritenne.
  Lo corpo mio gelato in su la foce
trovò l'Archian rubesto; e quel sospinse
ne l'Arno, e sciolse al mio petto la croce
  ch'i' fe' di me quando 'l dolor mi vinse;
voltòmmi per le ripe e per lo fondo,
poi di sua preda mi coperse e cinse».
  «Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
e riposato de la lunga via»,
seguitò 'l terzo spirito al secondo,
  «ricorditi di me, che son la Pia:
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che 'nnanellata pria
  disposando m'avea con la sua gemma».

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  I had already from those shades departed,
And followed in the footsteps of my Guide,
When from behind, pointing his finger at me,
  One shouted: “See, it seems as if shone not
The sunshine on the left of him below,
And like one living seems he to conduct him”.
  Mine eyes I turned at utterance of these words,
And saw them watching with astonishment
But me, but me, and the light which was broken!
  “Why doth thy mind so occupy itself”,
The Master said, “that thou thy pace dost slacken?
What matters it to thee what here is whispered?
  Come after me, and let the people talk;
Stand like a steadfast tower, that never wags
Its top for all the blowing of the winds;
  For evermore the man in whom is springing
Thought upon thought, removes from him the mark,
Because the force of one the other weakens”.
  What could I say in answer but “I come"?
I said it somewhat with that colour tinged
Which makes a man of pardon sometimes worthy.
  Meanwhile along the mountain-side across
Came people in advance of us a little,
Singing the Miserere verse by verse.
  When they became aware I gave no place
For passage of the sunshine through my body,
They changed their song into a long, hoarse “Oh!”.
  And two of them, in form of messengers,
Ran forth to meet us, and demanded of us,
“Of your condition make us cognisant”.
  And said my Master: “Ye can go your way
And carry back again to those who sent you,
That this one's body is of very flesh.
  If they stood still because they saw his shadow,
As I suppose, enough is answered them;
Him let them honour, it may profit them”.
  Vapours enkindled saw I ne'er so swiftly
At early nightfall cleave the air serene,
Nor, at the set of sun, the clouds of August,
  But upward they returned in briefer time,
And, on arriving, with the others wheeled
Tow'rds us, like troops that run without a rein.
  “This folk that presses unto us is great,
And cometh to implore thee”, said the Poet;
“So still go onward, and in going listen”.
  “O soul that goest to beatitude
With the same members wherewith thou wast born”,
Shouting they came, “a little stay thy steps,
  Look, if thou e'er hast any of us seen,
So that o'er yonder thou bear news of him;
Ah, why dost thou go on? Ah, why not stay?
  Long since we all were slain by violence,
And sinners even to the latest hour;
Then did a light from heaven admonish us,
  So that, both penitent and pardoning, forth
From life we issued reconciled to God,
Who with desire to see Him stirs our hearts”.
  And I: “Although I gaze into your faces,
No one I recognize; but if may please you
Aught I have power to do, ye well-born spirits,
  Speak ye, and I will do it, by that peace
Which, following the feet of such a Guide,
From world to world makes itself sought by me”.
  And one began: “Each one has confidence
In thy good offices without an oath,
Unless the I cannot cut off the I will;
  Whence I, who speak alone before the others,
Pray thee, if ever thou dost see the land
That 'twixt Romagna lies and that of Charles,
  Thou be so courteous to me of thy prayers
In Fano, that they pray for me devoutly,
That I may purge away my grave offences.
  From thence was I; but the deep wounds, through which
Issued the blood wherein I had my seat,
Were dealt me in bosom of the Antenori,
  There where I thought to be the most secure;
'Twas he of Este had it done, who held me
In hatred far beyond what justice willed.
  But if towards the Mira I had fled,
When I was overtaken at Oriaco,
I still should be o'er yonder where men breathe.
  I ran to the lagoon, and reeds and mire
Did so entangle me I fell, and saw there
A lake made from my veins upon the ground”.
  Then said another: “Ah, be that desire
Fulfilled that draws thee to the lofty mountain,
As thou with pious pity aidest mine.
  I was of Montefeltro, and am Buonconte;
Giovanna, nor none other cares for me;
Hence among these I go with downcast front”.
  And I to him: “What violence or what chance
Led thee astray so far from Campaldino,
That never has thy sepulture been known?”.
  “Oh”, he replied, “at Casentino's foot
A river crosses named Archiano, born
Above the Hermitage in Apennine.
  There where the name thereof becometh void
Did I arrive, pierced through and through the throat,
Fleeing on foot, and bloodying the plain;
  There my sight lost I, and my utterance
Ceased in the name of Mary, and thereat
I fell, and tenantless my flesh remained.
  Truth will I speak, repeat it to the living;
God's Angel took me up, and he of hell
Shouted: 'O thou from heaven, why dost thou rob me?
  Thou bearest away the eternal part of him,
For one poor little tear, that takes him from me;
But with the rest I'll deal in other fashion!'
  Well knowest thou how in the air is gathered
That humid vapour which to water turns,
Soon as it rises where the cold doth grasp it.
  He joined that evil will, which aye seeks evil,
To intellect, and moved the mist and wind
By means of power, which his own nature gave;
  Thereafter, when the day was spent, the valley
From Pratomagno to the great yoke covered
With fog, and made the heaven above intent,
  So that the pregnant air to water changed;
Down fell the rain, and to the gullies came
Whate'er of it earth tolerated not;
  And as it mingled with the mighty torrents,
Towards the royal river with such speed
It headlong rushed, that nothing held it back.
  My frozen body near unto its outlet
The robust Archian found, and into Arno
Thrust it, and loosened from my breast the cross
  I made of me, when agony o'ercame me;
It rolled me on the banks and on the bottom,
Then with its booty covered and begirt me”.
  “Ah, when thou hast returned unto the world,
And rested thee from thy long journeying”,
After the second followed the third spirit,
  “Do thou remember me who am the Pia;
Siena made me, unmade me Maremma;
He knoweth it, who had encircled first,
  Espousing me, my finger with his gem”.
Canto V