Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Quando per dilettanze o ver per doglie,
che alcuna virtù nostra comprenda
l'anima bene ad essa si raccoglie,
  par ch'a nulla potenza più intenda;
e questo è contra quello error che crede
ch'un'anima sovr'altra in noi s'accenda.
  E però, quando s'ode cosa o vede
che tegna forte a sé l'anima volta,
vassene 'l tempo e l'uom non se n'avvede;
  ch'altra potenza è quella che l'ascolta,
e altra è quella c'ha l'anima intera:
questa è quasi legata, e quella è sciolta.
  Di ciò ebb'io esperienza vera,
udendo quello spirto e ammirando;
ché ben cinquanta gradi salito era
  lo sole, e io non m'era accorto, quando
venimmo ove quell'anime ad una
gridaro a noi: «Qui è vostro dimando».
  Maggiore aperta molte volte impruna
con una forcatella di sue spine
l'uom de la villa quando l'uva imbruna,
  che non era la calla onde saline
lo duca mio, e io appresso, soli,
come da noi la schiera si partìne.
  Vassi in Sanleo e discendesi in Noli,
montasi su in Bismantova 'n Cacume
con esso i piè; ma qui convien ch'om voli;
  dico con l'ale snelle e con le piume
del gran disio, di retro a quel condotto
che speranza mi dava e facea lume.
  Noi salavam per entro 'l sasso rotto,
e d'ogne lato ne stringea lo stremo,
e piedi e man volea il suol di sotto.
  Poi che noi fummo in su l'orlo suppremo
de l'alta ripa, a la scoperta piaggia,
«Maestro mio», diss'io, «che via faremo?».
  Ed elli a me: «Nessun tuo passo caggia;
pur su al monte dietro a me acquista,
fin che n'appaia alcuna scorta saggia».
  Lo sommo er'alto che vincea la vista,
e la costa superba più assai
che da mezzo quadrante a centro lista.
  Io era lasso, quando cominciai:
«O dolce padre, volgiti, e rimira
com'io rimango sol, se non restai».
  «Figliuol mio», disse, «infin quivi ti tira»,
additandomi un balzo poco in sùe
che da quel lato il poggio tutto gira.
  Sì mi spronaron le parole sue,
ch'i' mi sforzai carpando appresso lui,
tanto che 'l cinghio sotto i piè mi fue.
  A seder ci ponemmo ivi ambedui
vòlti a levante ond'eravam saliti,
che suole a riguardar giovare altrui.
  Li occhi prima drizzai ai bassi liti;
poscia li alzai al sole, e ammirava
che da sinistra n'eravam feriti.
  Ben s'avvide il poeta ch'io stava
stupido tutto al carro de la luce,
ove tra noi e Aquilone intrava.
  Ond'elli a me: «Se Castore e Poluce
fossero in compagnia di quello specchio
che sù e giù del suo lume conduce,
  tu vedresti il Zodiaco rubecchio
ancora a l'Orse più stretto rotare,
se non uscisse fuor del cammin vecchio.
  Come ciò sia, se 'l vuoi poter pensare,
dentro raccolto, imagina Siòn
con questo monte in su la terra stare
  sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn
e diversi emisperi; onde la strada
che mal non seppe carreggiar Fetòn,
  vedrai come a costui convien che vada
da l'un, quando a colui da l'altro fianco,
se lo 'ntelletto tuo ben chiaro bada».
  «Certo, maestro mio,», diss'io, «unquanco
non vid'io chiaro sì com'io discerno
là dove mio ingegno parea manco,
  che 'l mezzo cerchio del moto superno,
che si chiama Equatore in alcun'arte,
e che sempre riman tra 'l sole e 'l verno,
  per la ragion che di' , quinci si parte
verso settentrion, quanto li Ebrei
vedevan lui verso la calda parte.
  Ma se a te piace, volontier saprei
quanto avemo ad andar; ché 'l poggio sale
più che salir non posson li occhi miei».
  Ed elli a me: «Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant'om più va sù, e men fa male.
  Però, quand'ella ti parrà soave
tanto, che sù andar ti fia leggero
com'a seconda giù andar per nave,
  allor sarai al fin d'esto sentiero;
quivi di riposar l'affanno aspetta.
Più non rispondo, e questo so per vero».
  E com'elli ebbe sua parola detta,
una voce di presso sonò: «Forse
che di sedere in pria avrai distretta!».
  Al suon di lei ciascun di noi si torse,
e vedemmo a mancina un gran petrone,
del qual né io né ei prima s'accorse.
  Là ci traemmo; e ivi eran persone
che si stavano a l'ombra dietro al sasso
come l'uom per negghienza a star si pone.
  E un di lor, che mi sembiava lasso,
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo 'l viso giù tra esse basso.
  «O dolce segnor mio», diss'io, «adocchia
colui che mostra sé più negligente
che se pigrizia fosse sua serocchia».
  Allor si volse a noi e puose mente,
movendo 'l viso pur su per la coscia,
e disse: «Or va tu sù, che se' valente!».
  Conobbi allor chi era, e quella angoscia
che m'avacciava un poco ancor la lena,
non m'impedì l'andare a lui; e poscia
  ch'a lui fu' giunto, alzò la testa a pena,
dicendo: «Hai ben veduto come 'l sole
da l'omero sinistro il carro mena?».
  Li atti suoi pigri e le corte parole
mosser le labbra mie un poco a riso;
poi cominciai: «Belacqua, a me non dole
  di te omai; ma dimmi: perché assiso
quiritto se'? attendi tu iscorta,
o pur lo modo usato t'ha' ripriso?».
  Ed elli: «O frate, andar in sù che porta?
ché non mi lascerebbe ire a' martìri
l'angel di Dio che siede in su la porta.
  Prima convien che tanto il ciel m'aggiri
di fuor da essa, quanto fece in vita,
perch'io 'ndugiai al fine i buon sospiri,
  se orazione in prima non m'aita
che surga sù di cuor che in grazia viva;
l'altra che val, che 'n ciel non è udita?».
  E già il poeta innanzi mi saliva,
e dicea: «Vienne omai; vedi ch'è tocco
meridian dal sole e a la riva
  cuopre la notte già col piè Morrocco».

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  Whenever by delight or else by pain,
That seizes any faculty of ours,
Wholly to that the soul collects itself,
  It seemeth that no other power it heeds;
And this against that error is which thinks
One soul above another kindles in us.
  And hence, whenever aught is heard or seen
Which keeps the soul intently bent upon it,
Time passes on, and we perceive it not,
  Because one faculty is that which listens,
And other that which the soul keeps entire;
This is as if in bonds, and that is free.
  Of this I had experience positive
In hearing and in gazing at that spirit;
For fifty full degrees uprisen was
  The sun, and I had not perceived it, when
We came to where those souls with one accord
Cried out unto us: “Here is what you ask”.
  A greater opening ofttimes hedges up
With but a little forkful of his thorns
The villager, what time the grape imbrowns,
  Than was the passage-way through which ascended
Only my Leader and myself behind him,
After that company departed from us.
  One climbs Sanleo and descends in Noli,
And mounts the summit of Bismantova,
With feet alone; but here one needs must fly;
  With the swift pinions and the plumes I say
Of great desire, conducted after him
Who gave me hope, and made a light for me.
  We mounted upward through the rifted rock,
And on each side the border pressed upon us,
And feet and hands the ground beneath required.
  When we were come upon the upper rim
Of the high bank, out on the open slope,
“My Master”, said I, “what way shall we take?”.
  And he to me: “No step of thine descend;
Still up the mount behind me win thy way,
Till some sage escort shall appear to us”.
  The summit was so high it vanquished sight,
And the hillside precipitous far more
Than line from middle quadrant to the centre.
  Spent with fatigue was I, when I began:
“O my sweet Father! turn thee and behold
How I remain alone, unless thou stay!”.
  “O son”, he said, “up yonder drag thyself”,
Pointing me to a terrace somewhat higher,
Which on that side encircles all the hill.
  These words of his so spurred me on, that I
Strained every nerve, behind him scrambling up,
Until the circle was beneath my feet.
  Thereon ourselves we seated both of us
Turned to the East, from which we had ascended,
For all men are delighted to look back.
  To the low shores mine eyes I first directed,
Then to the sun uplifted them, and wondered
That on the left hand we were smitten by it.
  The Poet well perceived that I was wholly
Bewildered at the chariot of the light,
Where 'twixt us and the Aquilon it entered.
  Whereon he said to me: “If Castor and Pollux
Were in the company of yonder mirror,
That up and down conducteth with its light,
  Thou wouldst behold the zodiac's jagged wheel
Revolving still more near unto the Bears,
Unless it swerved aside from its old track.
  How that may be wouldst thou have power to think,
Collected in thyself, imagine Zion
Together with this mount on earth to stand,
  So that they both one sole horizon have,
And hemispheres diverse; whereby the road
Which Phaeton, alas! knew not to drive,
  Thou'lt see how of necessity must pass
This on one side, when that upon the other,
If thine intelligence right clearly heed”.
  “Truly, my Master”, said I, “never yet
Saw I so clearly as I now discern,
There where my wit appeared incompetent,
  That the mid-circle of supernal motion,
Which in some art is the Equator called,
And aye remains between the Sun and Winter,
  For reason which thou sayest, departeth hence
Tow'rds the Septentrion, what time the Hebrews
Beheld it tow'rds the region of the heat.
  But, if it pleaseth thee, I fain would learn
How far we have to go; for the hill rises
Higher than eyes of mine have power to rise”.
  And he to me: “This mount is such, that ever
At the beginning down below 'tis tiresome,
And aye the more one climbs, the less it hurts.
  Therefore, when it shall seem so pleasant to thee,
That going up shall be to thee as easy
As going down the current in a boat,
  Then at this pathway's ending thou wilt be;
There to repose thy panting breath expect;
No more I answer; and this I know for true”.
  And as he finished uttering these words,
A voice close by us sounded: “Peradventure
Thou wilt have need of sitting down ere that”.
  At sound thereof each one of us turned round,
And saw upon the left hand a great rock,
Which neither I nor he before had noticed.
  Thither we drew; and there were persons there
Who in the shadow stood behind the rock,
As one through indolence is wont to stand.
  And one of them, who seemed to me fatigued,
Was sitting down, and both his knees embraced,
Holding his face low down between them bowed.
  “O my sweet Lord”, I said, “do turn thine eye
On him who shows himself more negligent
Then even Sloth herself his sister were”.
  Then he turned round to us, and he gave heed,
Just lifting up his eyes above his thigh,
And said: “Now go thou up, for thou art valiant”.
  Then knew I who he was; and the distress,
That still a little did my breathing quicken,
My going to him hindered not; and after
  I came to him he hardly raised his head,
Saying: “Hast thou seen clearly how the sun
O'er thy left shoulder drives his chariot?”.
  His sluggish attitude and his curt words
A little unto laughter moved my lips;
Then I began: “Belacqua, I grieve not
  For thee henceforth; but tell me, wherefore seated
In this place art thou? Waitest thou an escort?
Or has thy usual habit seized upon thee?”.
  And he: “O brother, what's the use of climbing?
Since to my torment would not let me go
The Angel of God, who sitteth at the gate.
  First heaven must needs so long revolve me round
Outside thereof, as in my life it did,
Since the good sighs I to the end postponed,
  Unless, e'er that, some prayer may bring me aid
Which rises from a heart that lives in grace;
What profit others that in heaven are heard not?”.
  Meanwhile the Poet was before me mounting,
And saying: “Come now; see the sun has touched
Meridian, and from the shore the night
  Covers already with her foot Morocco”.
Canto IV