Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Mentr'io dubbiava per lo viso spento,
de la fulgida fiamma che lo spense
uscì un spiro che mi fece attento,
  dicendo: «Intanto che tu ti risense
de la vista che hai in me consunta,
ben è che ragionando la compense.
  Comincia dunque; e di' ove s'appunta
l'anima tua, e fa' ragion che sia
la vista in te smarrita e non defunta:
  perché la donna che per questa dia
region ti conduce, ha ne lo sguardo
la virtù ch'ebbe la man d'Anania».
  Io dissi: «Al suo piacere e tosto e tardo
vegna remedio a li occhi, che fuor porte
quand'ella entrò col foco ond'io sempr'ardo.
  Lo ben che fa contenta questa corte,
Alfa e O è di quanta scrittura
mi legge Amore o lievemente o forte».
  Quella medesma voce che paura
tolta m'avea del sùbito abbarbaglio,
di ragionare ancor mi mise in cura;
  e disse: «Certo a più angusto vaglio
ti conviene schiarar: dicer convienti
chi drizzò l'arco tuo a tal berzaglio».
  E io: «Per filosofici argomenti
e per autorità che quinci scende
cotale amor convien che in me si 'mprenti:
  ché 'l bene, in quanto ben, come s'intende,
così accende amore, e tanto maggio
quanto più di bontate in sé comprende.
  Dunque a l'essenza ov'è tanto avvantaggio,
che ciascun ben che fuor di lei si trova
altro non è ch'un lume di suo raggio,
  più che in altra convien che si mova
la mente, amando, di ciascun che cerne
il vero in che si fonda questa prova.
  Tal vero a l'intelletto mio sterne
colui che mi dimostra il primo amore
di tutte le sustanze sempiterne.
  Sternel la voce del verace autore,
che dice a Moisè, di sé parlando:
'Io ti farò vedere ogne valore'.
  Sternilmi tu ancora, incominciando
l'alto preconio che grida l'arcano
di qui là giù sovra ogne altro bando».
  E io udi': «Per intelletto umano
e per autoritadi a lui concorde
d'i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.
  Ma di' ancor se tu senti altre corde
tirarti verso lui, sì che tu suone
con quanti denti questo amor ti morde».
  Non fu latente la santa intenzione
de l'aguglia di Cristo, anzi m'accorsi
dove volea menar mia professione.
  Però ricominciai: «Tutti quei morsi
che posson far lo cor volgere a Dio,
a la mia caritate son concorsi:
  ché l'essere del mondo e l'esser mio,
la morte ch'el sostenne perch'io viva,
e quel che spera ogne fedel com'io,
  con la predetta conoscenza viva,
tratto m'hanno del mar de l'amor torto,
e del diritto m'han posto a la riva.
  Le fronde onde s'infronda tutto l'orto
de l'ortolano etterno, am'io cotanto
quanto da lui a lor di bene è porto».
  Sì com'io tacqui, un dolcissimo canto
risonò per lo cielo, e la mia donna
dicea con li altri: «Santo, santo, santo!».
  E come a lume acuto si disonna
per lo spirto visivo che ricorre
a lo splendor che va di gonna in gonna,
  e lo svegliato ciò che vede aborre,
sì nescia è la sùbita vigilia
fin che la stimativa non soccorre;
  così de li occhi miei ogni quisquilia
fugò Beatrice col raggio d'i suoi,
che rifulgea da più di mille milia:
  onde mei che dinanzi vidi poi;
e quasi stupefatto domandai
d'un quarto lume ch'io vidi tra noi.
  E la mia donna: «Dentro da quei rai
vagheggia il suo fattor l'anima prima
che la prima virtù creasse mai».
  Come la fronda che flette la cima
nel transito del vento, e poi si leva
per la propria virtù che la soblima,
  fec'io in tanto in quant'ella diceva,
stupendo, e poi mi rifece sicuro
un disio di parlare ond'io ardeva.
  E cominciai: «O pomo che maturo
solo prodotto fosti, o padre antico
a cui ciascuna sposa è figlia e nuro,
  divoto quanto posso a te supplìco
perché mi parli: tu vedi mia voglia,
e per udirti tosto non la dico».
  Talvolta un animal coverto broglia,
sì che l'affetto convien che si paia
per lo seguir che face a lui la 'nvoglia;
  e similmente l'anima primaia
mi facea trasparer per la coverta
quant'ella a compiacermi venìa gaia.
  Indi spirò: «Sanz'essermi proferta
da te, la voglia tua discerno meglio
che tu qualunque cosa t'è più certa;
  perch'io la veggio nel verace speglio
che fa di sé pareglio a l'altre cose,
e nulla face lui di sé pareglio.
  Tu vuogli udir quant'è che Dio mi puose
ne l'eccelso giardino, ove costei
a così lunga scala ti dispuose,
  e quanto fu diletto a li occhi miei,
e la propria cagion del gran disdegno,
e l'idioma ch'usai e che fei.
  Or, figluol mio, non il gustar del legno
fu per sé la cagion di tanto essilio,
ma solamente il trapassar del segno.
  Quindi onde mosse tua donna Virgilio,
quattromilia trecento e due volumi
di sol desiderai questo concilio;
  e vidi lui tornare a tutt'i lumi
de la sua strada novecento trenta
fiate, mentre ch'io in terra fu' mi.
  La lingua ch'io parlai fu tutta spenta
innanzi che a l'ovra inconsummabile
fosse la gente di Nembròt attenta:
  ché nullo effetto mai razionabile,
per lo piacere uman che rinovella
seguendo il cielo, sempre fu durabile.
  Opera naturale è ch'uom favella;
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi secondo che v'abbella.
  Pria ch'i' scendessi a l'infernale ambascia,
I s'appellava in terra il sommo bene
onde vien la letizia che mi fascia;
  e El si chiamò poi: e ciò convene,
ché l'uso d'i mortali è come fronda
in ramo, che sen va e altra vene.
  Nel monte che si leva più da l'onda,
fu' io, con vita pura e disonesta,
da la prim'ora a quella che seconda,
  come 'l sol muta quadra, l'ora sesta».

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  While I was doubting for my vision quenched,
Out of the flame refulgent that had quenched it
Issued a breathing, that attentive made me,
  Saying: “While thou recoverest the sense
Of seeing which in me thou hast consumed,
'Tis well that speaking thou shouldst compensate it.
  Begin then, and declare to what thy soul
Is aimed, and count it for a certainty,
Sight is in thee bewildered and not dead;
  Because the Lady, who through this divine
Region conducteth thee, has in her look
The power the hand of Ananias had”.
  I said: “As pleaseth her, or soon or late
Let the cure come to eyes that portals were
When she with fire I ever burn with entered.
  The Good, that gives contentment to this Court,
The Alpha and Omega is of all
The writing that love reads me low or loud”.
  The selfsame voice, that taken had from me
The terror of the sudden dazzlement,
To speak still farther put it in my thought;
  And said: “In verity with finer sieve
Behoveth thee to sift; thee it behoveth
To say who aimed thy bow at such a target”.
  And I: “By philosophic arguments,
And by authority that hence descends,
Such love must needs imprint itself in me;
  For Good, so far as good, when comprehended
Doth straight enkindle love, and so much greater
As more of goodness in itself it holds;
  Then to that Essence (whose is such advantage
That every good which out of it is found
Is nothing but a ray of its own light)
  More than elsewhither must the mind be moved
Of every one, in loving, who discerns
The truth in which this evidence is founded.
  Such truth he to my intellect reveals
Who demonstrates to me the primal love
Of all the sempiternal substances.
  The voice reveals it of the truthful Author,
Who says to Moses, speaking of Himself,
'I will make all my goodness pass before thee.'
  Thou too revealest it to me, beginning
The loud Evangel, that proclaims the secret
Of heaven to earth above all other edict”.
  And I heard say: “By human intellect
And by authority concordant with it,
Of all thy loves reserve for God the highest.
  But say again if other cords thou feelest,
Draw thee towards Him, that thou mayst proclaim
With how many teeth this love is biting thee”.
  The holy purpose of the Eagle of Christ
Not latent was, nay, rather I perceived
Whither he fain would my profession lead.
  Therefore I recommenced: “All of those bites
Which have the power to turn the heart to God
Unto my charity have been concurrent.
  The being of the world, and my own being,
The death which He endured that I may live,
And that which all the faithful hope, as I do,
  With the forementioned vivid consciousness
Have drawn me from the sea of love perverse,
And of the right have placed me on the shore.
  The leaves, wherewith embowered is all the garden
Of the Eternal Gardener, do I love
As much as he has granted them of good”.
  As soon as I had ceased, a song most sweet
Throughout the heaven resounded, and my Lady
Said with the others, “Holy, holy, holy!”.
  And as at some keen light one wakes from sleep
By reason of the visual spirit that runs
Unto the splendour passed from coat to coat,
  And he who wakes abhorreth what he sees,
So all unconscious is his sudden waking,
Until the judgment cometh to his aid,
  So from before mine eyes did Beatrice
Chase every mote with radiance of her own,
That cast its light a thousand miles and more.
  Whence better after than before I saw,
And in a kind of wonderment I asked
About a fourth light that I saw with us.
  And said my Lady: “There within those rays
Gazes upon its Maker the first soul
That ever the first virtue did create”.
  Even as the bough that downward bends its top
At transit of the wind, and then is lifted
By its own virtue, which inclines it upward,
  Likewise did I, the while that she was speaking,
Being amazed, and then I was made bold
By a desire to speak wherewith I burned.
  And I began: “O apple, that mature
Alone hast been produced, O ancient father,
To whom each wife is daughter and daughter-in-law,
  Devoutly as I can I supplicate thee
That thou wouldst speak to me; thou seest my wish;
And I, to hear thee quickly, speak it not”.
  Sometimes an animal, when covered, struggles
So that his impulse needs must be apparent,
By reason of the wrappage following it;
  And in like manner the primeval soul
Made clear to me athwart its covering
How jubilant it was to give me pleasure.
  Then breathed: “Without thy uttering it to me,
Thine inclination better I discern
Than thou whatever thing is surest to thee;
  For I behold it in the truthful mirror,
That of Himself all things parhelion makes,
And none makes Him parhelion of itself.
  Thou fain wouldst hear how long ago God placed me
Within the lofty garden, where this Lady
Unto so long a stairway thee disposed.
  And how long to mine eyes it was a pleasure,
And of the great disdain the proper cause,
And the language that I used and that I made.
  Now, son of mine, the tasting of the tree
Not in itself was cause of so great exile,
But solely the o'erstepping of the bounds.
  There, whence thy Lady moved Virgilius,
Four thousand and three hundred and two circuits
Made by the sun, this Council I desired;
  And him I saw return to all the lights
Of his highway nine hundred times and thirty,
Whilst I upon the earth was tarrying.
  The language that I spake was quite extinct
Before that in the work interminable
The people under Nimrod were employed;
  For nevermore result of reasoning
(Because of human pleasure that doth change,
Obedient to the heavens) was durable.
  A natural action is it that man speaks;
But whether thus or thus, doth nature leave
To your own art, as seemeth best to you.
  Ere I descended to the infernal anguish,
'El' was on earth the name of the Chief Good,
From whom comes all the joy that wraps me round
  'Eli' he then was called, and that is proper,
Because the use of men is like a leaf
On bough, which goeth and another cometh.
  Upon the mount that highest o'er the wave
Rises was I, in life or pure or sinful,
From the first hour to that which is the second,
  As the sun changes quadrant, to the sixth”.
Canto XXVI