Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Era lo loco ov'a scender la riva
venimmo, alpestro e, per quel che v'er'anco,
tal, ch'ogne vista ne sarebbe schiva.
  Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l'Adice percosse,
o per tremoto o per sostegno manco,
  che da cima del monte, onde si mosse,
al piano è sì la roccia discoscesa,
ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse:
  cotal di quel burrato era la scesa;
e 'n su la punta de la rotta lacca
l'infamia di Creti era distesa
  che fu concetta ne la falsa vacca;
e quando vide noi, sé stesso morse,
sì come quei cui l'ira dentro fiacca.
  Lo savio mio inver' lui gridò: «Forse
tu credi che qui sia 'l duca d'Atene,
che sù nel mondo la morte ti porse?
  Pàrtiti, bestia: ché questi non vene
ammaestrato da la tua sorella,
ma vassi per veder le vostre pene».
  Qual è quel toro che si slaccia in quella
c'ha ricevuto già 'l colpo mortale,
che gir non sa, ma qua e là saltella,
  vid'io lo Minotauro far cotale;
e quello accorto gridò: «Corri al varco:
mentre ch'e' 'nfuria, è buon che tu ti cale».
  Così prendemmo via giù per lo scarco
di quelle pietre, che spesso moviensi
sotto i miei piedi per lo novo carco.
  Io gia pensando; e quei disse: «Tu pensi
forse a questa ruina ch'è guardata
da quell'ira bestial ch'i' ora spensi.
  Or vo' che sappi che l'altra fiata
ch'i' discesi qua giù nel basso inferno,
questa roccia non era ancor cascata.
  Ma certo poco pria, se ben discerno,
che venisse colui che la gran preda
levò a Dite del cerchio superno,
  da tutte parti l'alta valle feda
tremò sì, ch'i' pensai che l'universo
sentisse amor, per lo qual è chi creda
  più volte il mondo in caòsso converso;
e in quel punto questa vecchia roccia
qui e altrove, tal fece riverso.
  Ma ficca li occhi a valle, ché s'approccia
la riviera del sangue in la qual bolle
qual che per violenza in altrui noccia».
  Oh cieca cupidigia e ira folle,
che sì ci sproni ne la vita corta,
e ne l'etterna poi sì mal c'immolle!
  Io vidi un'ampia fossa in arco torta,
come quella che tutto 'l piano abbraccia,
secondo ch'avea detto la mia scorta;
  e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia
corrien centauri, armati di saette,
come solien nel mondo andare a caccia.
  Veggendoci calar, ciascun ristette,
e de la schiera tre si dipartiro
con archi e asticciuole prima elette;
  e l'un gridò da lungi: «A qual martiro
venite voi che scendete la costa?
Ditel costinci; se non, l'arco tiro».
  Lo mio maestro disse: «La risposta
farem noi a Chirón costà di presso:
mal fu la voglia tua sempre sì tosta».
  Poi mi tentò, e disse: «Quelli è Nesso,
che morì per la bella Deianira
e fé di sé la vendetta elli stesso.
  E quel di mezzo, ch'al petto si mira,
è il gran Chirón, il qual nodrì Achille;
quell'altro è Folo, che fu sì pien d'ira.
  Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
saettando qual anima si svelle
del sangue più che sua colpa sortille».
  Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:
Chirón prese uno strale, e con la cocca
fece la barba in dietro a le mascelle.
  Quando s'ebbe scoperta la gran bocca,
disse a' compagni: «Siete voi accorti
che quel di retro move ciò ch'el tocca?
  Così non soglion far li piè d'i morti».
E 'l mio buon duca, che già li er'al petto,
dove le due nature son consorti,
  rispuose: «Ben è vivo, e sì soletto
mostrar li mi convien la valle buia;
necessità 'l ci 'nduce, e non diletto.
  Tal si partì da cantare alleluia
che mi commise quest'officio novo:
non è ladron, né io anima fuia.
  Ma per quella virtù per cu' io movo
li passi miei per sì selvaggia strada,
danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo,
  e che ne mostri là dove si guada
e che porti costui in su la groppa,
ché non è spirto che per l'aere vada».
  Chirón si volse in su la destra poppa,
e disse a Nesso: «Torna, e sì li guida,
e fa cansar s'altra schiera v'intoppa».
  Or ci movemmo con la scorta fida
lungo la proda del bollor vermiglio,
dove i bolliti facieno alte strida.
  Io vidi gente sotto infino al ciglio;
e 'l gran centauro disse: «E' son tiranni
che dier nel sangue e ne l'aver di piglio.
  Quivi si piangon li spietati danni;
quivi è Alessandro, e Dionisio fero,
che fé Cicilia aver dolorosi anni.
  E quella fronte c'ha 'l pel così nero,
è Azzolino; e quell'altro ch'è biondo,
è Opizzo da Esti, il qual per vero
  fu spento dal figliastro sù nel mondo».
Allor mi volsi al poeta, e quei disse:
«Questi ti sia or primo, e io secondo».
  Poco più oltre il centauro s'affisse
sovr'una gente che 'nfino a la gola
parea che di quel bulicame uscisse.
  Mostrocci un'ombra da l'un canto sola,
dicendo: «Colui fesse in grembo a Dio
lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola».
  Poi vidi gente che di fuor del rio
tenean la testa e ancor tutto 'l casso;
e di costoro assai riconobb'io.
  Così a più a più si facea basso
quel sangue, sì che cocea pur li piedi;
e quindi fu del fosso il nostro passo.
  «Sì come tu da questa parte vedi
lo bulicame che sempre si scema»,
disse 'l centauro, «voglio che tu credi
  che da quest'altra a più a più giù prema
lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge
ove la tirannia convien che gema.
  La divina giustizia di qua punge
quell'Attila che fu flagello in terra
e Pirro e Sesto; e in etterno munge
  le lagrime, che col bollor diserra,
a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,
che fecero a le strade tanta guerra».
  Poi si rivolse, e ripassossi 'l guazzo.

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  The place where to descend the bank we came
Was alpine, and from what was there, moreover,
Of such a kind that every eye would shun it.
  Such as that ruin is which in the flank
Smote, on this side of Trent, the Adige,
Either by earthquake or by failing stay,
  For from the mountain's top, from which it moved,
Unto the plain the cliff is shattered so,
Some path 'twould give to him who was above;
  Even such was the descent of that ravine,
And on the border of the broken chasm
The infamy of Crete was stretched along,
  Who was conceived in the fictitious cow;
And when he us beheld, he bit himself,
Even as one whom anger racks within.
  My Sage towards him shouted: “Peradventure
Thou think'st that here may be the Duke of Athens,
Who in the world above brought death to thee?
  Get thee gone, beast, for this one cometh not
Instructed by thy sister, but he comes
In order to behold your punishments”.
  As is that bull who breaks loose at the moment
In which he has received the mortal blow,
Who cannot walk, but staggers here and there,
  The Minotaur beheld I do the like;
And he, the wary, cried: “Run to the passage;
While he wroth, 'tis well thou shouldst descend”.
  Thus down we took our way o'er that discharge
Of stones, which oftentimes did move themselves
Beneath my feet, from the unwonted burden.
  Thoughtful I went; and he said: “Thou art thinking
Perhaps upon this ruin, which is guarded
By that brute anger which just now I quenched.
  Now will I have thee know, the other time
I here descended to the nether Hell,
This precipice had not yet fallen down.
  But truly, if I well discern, a little
Before His coming who the mighty spoil
Bore off from Dis, in the supernal circle,
  Upon all sides the deep and loathsome valley
Trembled so, that I thought the Universe
Was thrilled with love, by which there are who think
  The world ofttimes converted into chaos;
And at that moment this primeval crag
Both here and elsewhere made such overthrow.
  But fix thine eyes below; for draweth near
The river of blood, within which boiling is
Whoe'er by violence doth injure others”.
  O blind cupidity, O wrath insane,
That spurs us onward so in our short life,
And in the eternal then so badly steeps us!
  I saw an ample moat bent like a bow,
As one which all the plain encompasses,
Conformable to what my Guide had said.
  And between this and the embankment's foot
Centaurs in file were running, armed with arrows,
As in the world they used the chase to follow.
  Beholding us descend, each one stood still,
And from the squadron three detached themselves,
With bows and arrows in advance selected;
  And from afar one cried: “Unto what torment
Come ye, who down the hillside are descending?
Tell us from there; if not, I draw the bow”.
  My Master said: “Our answer will we make
To Chiron, near you there; in evil hour,
That will of thine was evermore so hasty”.
  Then touched he me, and said: “This one is Nessus,
Who perished for the lovely Dejanira,
And for himself, himself did vengeance take.
  And he in the midst, who at his breast is gazing,
Is the great Chiron, who brought up Achilles;
That other Pholus is, who was so wrathful.
  Thousands and thousands go about the moat
Shooting with shafts whatever soul emerges
Out of the blood, more than his crime allots”.
  Near we approached unto those monsters fleet;
Chiron an arrow took, and with the notch
Backward upon his jaws he put his beard.
  After he had uncovered his great mouth,
He said to his companions: “Are you ware
That he behind moveth whate'er he touches?
  Thus are not wont to do the feet of dead men”.
And my good Guide, who now was at his breast,
Where the two natures are together joined,
  Replied: “Indeed he lives, and thus alone
Me it behoves to show him the dark valley;
Necessity, and not delight, impels us.
  Some one withdrew from singing Halleluja,
Who unto me committed this new office;
No thief is he, nor I a thievish spirit.
  But by that virtue through which I am moving
My steps along this savage thoroughfare,
Give us some one of thine, to be with us,
  And who may show us where to pass the ford,
And who may carry this one on his back;
For 'tis no spirit that can walk the air”.
  Upon his right breast Chiron wheeled about,
And said to Nessus: “Turn and do thou guide them,
And warn aside, if other band may meet you”.
  We with our faithful escort onward moved
Along the brink of the vermilion boiling,
Wherein the boiled were uttering loud laments.
  People I saw within up to the eyebrows,
And the great Centaur said: “Tyrants are these,
Who dealt in bloodshed and in pillaging.
  Here they lament their pitiless mischiefs; here
Is Alexander, and fierce Dionysius
Who upon Sicily brought dolorous years.
  That forehead there which has the hair so black
Is Azzolin; and the other who is blond,
Obizzo is of Esti, who, in truth,
  Up in the world was by his stepson slain”.
Then turned I to the Poet; and he said,
“Now he be first to thee, and second I”.
  A little farther on the Centaur stopped
Above a folk, who far down as the throat
Seemed from that boiling stream to issue forth.
  A shade he showed us on one side alone,
Saying: “He cleft asunder in God's bosom
The heart that still upon the Thames is honoured”.
  Then people saw I, who from out the river
Lifted their heads and also all the chest;
And many among these I recognised.
  Thus ever more and more grew shallower
That blood, so that the feet alone it covered;
And there across the moat our passage was.
  “Even as thou here upon this side beholdest
The boiling stream, that aye diminishes”,
The Centaur said, “I wish thee to believe
  That on this other more and more declines
Its bed, until it reunites itself
Where it behoveth tyranny to groan.
  Justice divine, upon this side, is goading
That Attila, who was a scourge on earth,
And Pyrrhus, and Sextus; and for ever milks
  The tears which with the boiling it unseals
In Rinier da Corneto and Rinier Pazzo,
Who made upon the highways so much war”.
  Then back he turned, and passed again the ford.
Canto XII