Sustart
Illustrations by Gustave Doré (1832-1883)

  Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno
  m'apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.
  O muse, o alto ingegno, or m'aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch'io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate.
  Io cominciai: «Poeta che mi guidi,
guarda la mia virtù s'ell'è possente,
prima ch'a l'alto passo tu mi fidi.
  Tu dici che di Silvio il parente,
corruttibile ancora, ad immortale
secolo andò, e fu sensibilmente.
  Però, se l'avversario d'ogne male
cortese i fu, pensando l'alto effetto
ch'uscir dovea di lui e 'l chi e 'l quale,
  non pare indegno ad omo d'intelletto;
ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero
ne l'empireo ciel per padre eletto:
  la quale e 'l quale, a voler dir lo vero,
fu stabilita per lo loco santo
u' siede il successor del maggior Piero.
  Per quest'andata onde li dai tu vanto,
intese cose che furon cagione
di sua vittoria e del papale ammanto.
  Andovvi poi lo Vas d'elezione,
per recarne conforto a quella fede
ch'è principio a la via di salvazione.
  Ma io perché venirvi? o chi 'l concede?
Io non Enea, io non Paulo sono:
me degno a ciò né io né altri 'l crede.
  Per che, se del venire io m'abbandono,
temo che la venuta non sia folle.
Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono».
  E qual è quei che disvuol ciò che volle
e per novi pensier cangia proposta,
sì che dal cominciar tutto si tolle,
  tal mi fec'io 'n quella oscura costa,
perché, pensando, consumai la 'mpresa
che fu nel cominciar cotanto tosta.
  «S'i' ho ben la parola tua intesa»,
rispuose del magnanimo quell'ombra;
«l'anima tua è da viltade offesa;
  la qual molte fiate l'omo ingombra
sì che d'onrata impresa lo rivolve,
come falso veder bestia quand'ombra.
  Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch'io venni e quel ch'io 'ntesi
nel primo punto che di te mi dolve.
  Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.
  Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:
  O anima cortese mantoana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto 'l mondo lontana,
  l'amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che volt'è per paura;
  e temo che non sia già sì smarrito,
ch'io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito.
  Or movi, e con la tua parola ornata
e con ciò c'ha mestieri al suo campare
l'aiuta, sì ch'i' ne sia consolata.
  I' son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.
  Quando sarò dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui.
Tacette allora, e poi comincia' io:
  O donna di virtù, sola per cui
l'umana spezie eccede ogne contento
di quel ciel c'ha minor li cerchi sui,
  tanto m'aggrada il tuo comandamento,
che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi;
più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento.
  Ma dimmi la cagion che non ti guardi
de lo scender qua giuso in questo centro
de l'ampio loco ove tornar tu ardi.
  Da che tu vuo' saver cotanto a dentro,
dirotti brievemente, mi rispuose,
perch'io non temo di venir qua entro.
  Temer si dee di sole quelle cose
c'hanno potenza di fare altrui male;
de l'altre no, ché non son paurose.
  I' son fatta da Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d'esto incendio non m'assale.
  Donna è gentil nel ciel che si compiange
di questo 'mpedimento ov'io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.
  Questa chiese Lucia in suo dimando
e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando -.
  Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov'i' era,
che mi sedea con l'antica Rachele.
  Disse: - Beatrice, loda di Dio vera,
ché non soccorri quei che t'amò tanto,
ch'uscì per te de la volgare schiera?
  non odi tu la pieta del suo pianto?
non vedi tu la morte che 'l combatte
su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? -
  Al mondo non fur mai persone ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com'io, dopo cotai parole fatte,
  venni qua giù del mio beato scanno,
fidandomi del tuo parlare onesto,
ch'onora te e quei ch'udito l'hanno.
  Poscia che m'ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse;
per che mi fece del venir più presto;
  e venni a te così com'ella volse;
d'inanzi a quella fiera ti levai
che del bel monte il corto andar ti tolse.
  Dunque: che è? perché, perché restai?
perché tanta viltà nel core allette?
perché ardire e franchezza non hai?
  poscia che tai tre donne benedette
curan di te ne la corte del cielo,
e 'l mio parlar tanto ben ti promette?».
  Quali fioretti dal notturno gelo
chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca
si drizzan tutti aperti in loro stelo,
  tal mi fec'io di mia virtude stanca,
e tanto buono ardire al cor mi corse,
ch'i' cominciai come persona franca:
  «Oh pietosa colei che mi soccorse!
e te cortese ch'ubidisti tosto
a le vere parole che ti porse!
  Tu m'hai con disiderio il cor disposto
sì al venir con le parole tue,
ch'i' son tornato nel primo proposto.
  Or va, ch'un sol volere è d'ambedue:
tu duca, tu segnore, e tu maestro».
Così li dissi; e poi che mosso fue,
  intrai per lo cammino alto e silvestro.

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  Day was departing, and the embrowned air
Released the animals that are on earth
From their fatigues; and I the only one
  Made myself ready to sustain the war,
Both of the way and likewise of the woe,
Which memory that errs not shall retrace.
  O Muses, O high genius, now assist me!
O memory, that didst write down what I saw,
Here thy nobility shall be manifest!
  And I began: “Poet, who guidest me,
Regard my manhood, if it be sufficient,
Ere to the arduous pass thou dost confide me.
  Thou sayest, that of Silvius the parent,
While yet corruptible, unto the world
Immortal went, and was there bodily.
  But if the adversary of all evil
Was courteous, thinking of the high effect
That issue would from him, and who, and what,
  To men of intellect unmeet it seems not;
For he was of great Rome, and of her empire
In the empyreal heaven as father chosen;
  The which and what, wishing to speak the truth,
Were stablished as the holy place, wherein
Sits the successor of the greatest Peter.
  Upon this journey, whence thou givest him vaunt,
Things did he hear, which the occasion were
Both of his victory and the papal mantle.
  Thither went afterwards the Chosen Vessel,
To bring back comfort thence unto that Faith,
Which of salvation's way is the beginning.
  But I, why thither come, or who concedes it?
I not Aeneas am, I am not Paul,
Nor I, nor others, think me worthy of it.
  Therefore, if I resign myself to come,
I fear the coming may be ill-advised;
Thou'rt wise, and knowest better than I speak”.
  And as he is, who unwills what he willed,
And by new thoughts doth his intention change,
So that from his design he quite withdraws,
  Such I became, upon that dark hillside,
Because, in thinking, I consumed the emprise,
Which was so very prompt in the beginning.
  “If I have well thy language understood”,
Replied that shade of the Magnanimous,
“Thy soul attainted is with cowardice,
  Which many times a man encumbers so,
It turns him back from honoured enterprise,
As false sight doth a beast, when he is shy.
  That thou mayst free thee from this apprehension,
I'll tell thee why I came, and what I heard
At the first moment when I grieved for thee.
  Among those was I who are in suspense,
And a fair, saintly Lady called to me
In such wise, I besought her to command me.
  Her eyes where shining brighter than the Star;
And she began to say, gentle and low,
With voice angelical, in her own language:
  'O spirit courteous of Mantua,
Of whom the fame still in the world endures,
And shall endure, long-lasting as the world;
  A friend of mine, and not the friend of fortune,
Upon the desert slope is so impeded
Upon his way, that he has turned through terror,
  And may, I fear, already be so lost,
That I too late have risen to his succour,
From that which I have heard of him in Heaven.
  Bestir thee now, and with thy speech ornate,
And with what needful is for his release,
Assist him so, that I may be consoled.
  Beatrice am I, who do bid thee go;
I come from there, where I would fain return;
Love moved me, which compelleth me to speak.
  When I shall be in presence of my Lord,
Full often will I praise thee unto him.'
Then paused she, and thereafter I began:
  'O Lady of virtue, thou alone through whom
The human race exceedeth all contained
Within the heaven that has the lesser circles,
  So grateful unto me is thy commandment,
To obey, if 'twere already done, were late;
No farther need'st thou ope to me thy wish.
  But the cause tell me why thou dost not shun
The here descending down into this centre,
From the vast place thou burnest to return to.'
  'Since thou wouldst fain so inwardly discern,
Briefly will I relate,' she answered me,
'Why I am not afraid to enter here.
  Of those things only should one be afraid
Which have the power of doing others harm;
Of the rest, no; because they are not fearful.
  God in his mercy such created me
That misery of yours attains me not,
Nor any flame assails me of this burning.
  A gentle Lady is in Heaven, who grieves
At this impediment, to which I send thee,
So that stern judgment there above is broken.
  In her entreaty she besought Lucia,
And said, “Thy faithful one now stands in need
Of thee, and unto thee I recommend him”.
  Lucia, foe of all that cruel is,
Hastened away, and came unto the place
Where I was sitting with the ancient Rachel.
  “Beatrice” said she, “the true praise of God,
Why succourest thou not him, who loved thee so,
For thee he issued from the vulgar herd?
  Dost thou not hear the pity of his plaint?
Dost thou not see the death that combats him
Beside that flood, where ocean has no vaunt?”.
  Never were persons in the world so swift
To work their weal and to escape their woe,
As I, after such words as these were uttered,
  Came hither downward from my blessed seat,
Confiding in thy dignified discourse,
Which honours thee, and those who've listened to it.'
  After she thus had spoken unto me,
Weeping, her shining eyes she turned away;
Whereby she made me swifter in my coming;
  And unto thee I came, as she desired;
I have delivered thee from that wild beast,
Which barred the beautiful mountain's short ascent.
  What is it, then?Why, why dost thou delay?
Why is such baseness bedded in thy heart?
Daring and hardihood why hast thou not,
  Seeing that three such Ladies benedight
Are caring for thee in the court of Heaven,
And so much good my speech doth promise thee?”.
  Even as the flowerets, by nocturnal chill,
Bowed down and closed, when the sun whitens them,
Uplift themselves all open on their stems;
  Such I became with my exhausted strength,
And such good courage to my heart there coursed,
That I began, like an intrepid person:
  “O she compassionate, who succoured me,
And courteous thou, who hast obeyed so soon
The words of truth which she addressed to thee!
  Thou hast my heart so with desire disposed
To the adventure, with these words of thine,
That to my first intent I have returned.
  Now go, for one sole will is in us both,
Thou Leader, and thou Lord, and Master thou”.
Thus said I to him; and when he had moved,
  I entered on the deep and savage way.
Canto II